Non ci si crede: più di un incontro culturale alla settimana, un luogo d'incanto, un palazzo del Settecento, una galleria di ritratti, un libraio, un mecenate, un'insegnante assessore alla scuola, alla cultura, a tutto ciò di cui non si parla da nessuna parte. E un piccolo gruppo di amici. A Lugo. Ma che bello! Felice di aver fatto parte di questo. Felice.
MARIAPIA VELADIANO - 20 gennaio 2012
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venerdì 6 febbraio 2009
"Andrew Sean Greer a Bologna" di DAVIDE SILVESTRI
Ecco, abbiamo davanti a noi l’uomo che ha scritto i due più bei romanzi degli ultimi dieci anni. Magro, alto e pallido. Sembra uno di quei criceti bianchi con gli occhi rossi, saluta e arrossisce come un bambino mentre si siede davanti al microfono. Ha delle belle mani lunghe, che muove davanti al viso quando parla. E’ simpatico, sempre pronto a ridere e a far ridere. A tratti i suoi occhi diventano penetranti: quando parla del suo lavoro, per esempio. E’ uno che vuole la perfezione, lo si capisce subito. I suoi occhi bucano la gente, quando parla del suo lavoro, il suo atteggiamento cambia del tutto, la timidezza sparisce e compare in modo quasi doloroso la sua intelligenza, come se di solito la tenesse nel fodero per usarla solo quando scrive. Una sola nota di acrimonia, quando dice che alla scuola di scrittura lo accusavano di scrivere delle “belle frasi”. Poi ha fatto un’espressione come per dire: adesso io sono qui, con due romanzi meravigliosi alle spalle. Dove sono finiti quelli che mi criticavano? Questo sembra suggerire Greer, e lo dice con il linguaggio del corpo, con la sua espressione sardonica. Belle frasi, proprio così. La cosa grottesca è che sono belle davvero, le frasi di Greer. Belle, non c’è nient’altro da aggiungere.
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