Non ci si crede: più di un incontro culturale alla settimana, un luogo d'incanto, un palazzo del Settecento, una galleria di ritratti, un libraio, un mecenate, un'insegnante assessore alla scuola, alla cultura, a tutto ciò di cui non si parla da nessuna parte. E un piccolo gruppo di amici. A Lugo. Ma che bello! Felice di aver fatto parte di questo. Felice.
MARIAPIA VELADIANO - 20 gennaio 2012
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lunedì 6 aprile 2009
La serata con "il fado" di ELISA RIDOLFI
Incontro inaugurale del mese di aprile di Caffè Letterario dedicato alla musica e alla poesia quello di ieri sera al Ristorante dell’Hotel Ala d’Oro. Protagonista il “fado” con la bravissima cantante Elisa Ridolfi accompagnata dalla chitarra di paolo Galassi e dal basso acustico di Marco Galassi. Una serata inusuale per Caffè Letterario che grazie alle note del trio di Elisa Ridolfi e ai sapori della cucina lusitana appositamente preparati per l’occasione ha visto trasformare il ristorante dell’Ala d’Oro in una vera e propria casa del Fado di Lisbona. E infatti il Fado è per eccellenza la canzone di Lisbona. Prodotto di un sentimento intimo è ancora oggi la caratteristica più nobile e genuina della cultura portoghese. Oggi, il Fado è un simbolo riconosciuto del Portogallo, una musica di risonanza mondiale che mantiene la sua essenza pur adeguandosi ai tempi. Elisa Ridolfi, considerata una delle maggiori interpreti del fado in Italia, è riuscita a ricreare, nel suo concerto, l’incantesimo del Fado facendo scoprire attraverso melodie strazianti e versi di poesia le atmosfere di una città strana come Lisbona, schiacciata fra la vecchia Europa e il Nuovo Mondo. Non a caso, la parola Fado deriva dal latino fatum (destino) in quanto le musiche si ispirano al sentimento portoghese della saudade e raccontano storie di emigrazione, lontananza, separazione e sofferenza.
« Tutto a Lisbona trasmette saudade, e ancor di più questa spianata di fronte al vuoto, e stando qui, aspirando la brezza che increspa il Tago, cioè il Tejo, si intuisce vagamente cosa sia questa inesplicabile sensazione di rimpianto, di mancanza, e al tempo stesso desiderio di raggiungere l'inaccessibile, malinconico bisogno di utopia che è poi l'orizzonte stesso, un sentimento che i trovatori medievali chiamarono saudade e da allora in nessuna lingua si è trovato un termine appropriato per tradurlo. » Pino Cacucci
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