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Sala conferenze - Hotel Ala d'Oro

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giovedì 12 marzo 2009

"L'avventura per immagini" di IVANO NANNI

Sull'incontro con Folco Quilici di domenica 8 marzo.
Una delle ragioni per cui il caffè letterario lughese è così apprezzato ben oltre i confini della provincia e della regione è che si fanno incontri letterari di grande rilevanza. È stato elaborato un progetto culturale, creato un contesto adeguato, e realizzato grazie all’impegno costante dei suoi proponenti. Per cui quando ieri sera Folco Quilici ha fatto la sua comparsa nella sala delle conferenze dell’hotel Ala d’oro è stato come se un pezzo della cultura italiana si fosse materializzata come per miracolo. Non è stato il solo, si dirà. Anche altri autori importanti hanno raccontato il loro libro dal palco del caffè. Ma effettivamente Quilici è qualcosa di più. È stato davvero un pioniere della cultura in Italia, aprendo la strada al documentario d’autore quando nessuno nemmeno se lo sognava. E ne ha dato un assaggio subito dopo aver parlato del suo libro di avventure. Si sono viste immagini spettacolari per ambientazione e inquadrature. Immagini delle isole Bismark, ad esempio, realizzate nel 1955. Pensiamo agli anni e a quelle immagini. Il 1955. Chi le ha viste allora poteva veramente pensare che venissero da un altro pianeta. Era l’irruzione dell’esotico nell’impianto culturale italiano. Una cosa mai vista e stravolgente. Quilici esplorava la vita di quelle popolazioni con la curiosità del geografo e dell’antropologo. L’immagine eloquente di una mascella di squalo lambita dalle onde su una spiaggia deserta preludeva, come si è visto, a un rito iniziatico. Mostrava come tutti i ragazzini di un villaggio per diventare adulti e pescatori dovessero passare attraverso la fauci enormi e dentate di uno squalo. Da quel momento, come spiega Quilici, si diventava uomini pronti a lavorare, ad affrontare il mare e gli squali. Poi, siamo nel 1970, è sempre il mare, onnipresente nei suoi viaggi, a raccontare la storia di altri uomini. E si descrive un rito di sposalizio tra la terra e il mare che si spinge ai primordi della storia. Questa volta siamo in Giappone, e protagonisti sono altri pescatori. Il vincolo che unisce mare e terra è simboleggiato da una fune enorme che i pescatori tendono tra due rocce che emergono dall’acqua. Una seconda fase del rito prevede che si getti cibo in acqua per i marinai scomparsi, che in questo modo partecipano al banchetto nuziale. A Bahia, invece, la gente acclama trionfatrice e dea del mare una sirena, alla quale fanno doni propiziatori. Una sirena bionda che ricorda le nostre madonne. Una simile emerge dal mare a Mongibello, Italia, in un rito cattolico ma che probabilmente ha lontani tratti animistici come quelli brasiliani. Per tutta la vita Folco Quilici ha trattato il mare e le acque come fossero personaggi veri delle sue storie narrate per immagini, o a parole, come nei suoi romanzi. Ha trovato legami inconsueti tra paesaggi nostrani come le valli di Comacchio e le foci di fiumi asiatici, tra il Mediterraneo e il grandioso delta de Rio delle amazzoni. Con le sue immagini terse ed evocative, ci ricorda che per la mente di un viaggiatore e romanziere cercare delle trame significa leggere la storia del mondo attraverso il suo ambiente, fatto di natura,uomini e lavoro.
di Ivano Nanni

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