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martedì 9 giugno 2009

"La prevalenza dell'immagine" di IVANO NANNI

Sull'incontro con GAIA MANZINI di venerdì 5 giugno. Un ritratto è appeso a un filo sottile, è quello della memoria che demolisce e scompone la trama stessa dei volti e dei corpi, lasciando sul nudo selciato della storia un lascito di ricordi coi quali l’artista gioca d’azzardo a ricomporre quei corpi, quelle figure, quegli istanti sospesi che rendono i racconti inquieti come nebbie dipinte in quadri simbolisti. Quando Ada sciolte le reti che la impelagano nel suo letto si immerge nel suo cuore marino, il cielo astrale si appaga di una nuova piccola stella. Il cuore dilaga nella sua benevolenza e schiude porte e finestre della casa. Ora i confini non sono più nemmeno labili, non esistono più. La semplicità di questa constatazione è la forma primordiale della liberazione. La famiglia diventa un pretesto per dipingere un guazzo che non ha nulla di psicologico, niente di sottointeso, è tutto gettato nel corpo stesso di una descrizione dettagliata, appena curva sul particolare come a volerlo proteggere da una possibile corruzione. C’è in tutto questo un taglio netto di luce su situazioni programmate, un cambio di prospettive che rompe riti, consuetudini, demenzialità che nel piccolo cabotaggio di tutti i giorni miseramente appagano. Contro questa piccola invadente indecenza si organizzano campagne di sopravvivenza che analizzano le crepe millenarie di famiglie avvizzite, chiuse nell’occhio del ciclone di indifferenze stupefacenti, abituate a orientarsi nel turbine colpevole di piaghe secolari di pacate abitudini. L’occhio che scruta queste incongruenze è alla ricerca di superfici lisce, senza appigli ai quali aggrapparsi, perché dipingere la Ronda di Notte familiare è una scalata imprevedibile e ascetica, una salita al monte Athos della semplicità. Non vengono sciolti i nodi di una impeccabilità familiare di facciata, tutta la querelle rimane aperta e disposta al sacrificio dei componenti familiari, sebbene il discorrere getti una benevola luce sul gretto provincialismo delle idee preconcette. È tutta un’opera di demolizione, uno scalpellare a tutto tondo un genere, quello familiare, che prima di essere biologico è letterario. Cioè inventato nel bene e nel male, in quello che si ama e in quello che si detesta e che la scrittura sonda e a volte sovverte arrivando alla sua anima, al suo bios, alla sua parte ecocompatibile con la società e con le idee che su di essa si producono. In questa scrittura della prevalenza di immagine c’è una volontà di trovare il cuore verde dell’amore, in sostanza quello che può essere di nuovo utilizzato, trapiantato in un altro amore, o in un’altra famiglia. di Ivano Nanni

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