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Sala conferenze - Hotel Ala d'Oro

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mercoledì 17 marzo 2010

Mercoledì 17 marzo - MARCELLO FOIS a Caffè Letterario

Mercoledì 17 marzo alle ore 21,00 nella sala conferenze dell’Hotel Ala d’Oro, Caffè Letterario torna a parlare di narrativa con il bel romanzo di Marcello Fois “Stirpe” edito da Einaudi nel 2009. A introdurre la serata con lo scrittore sardo sarà il curatore di Caffè Letterario Marco Sangiorgi. A conclusione di serata come d’abitudine la consueta degustazione di vini offerta a tutti i presenti. Marcello Fois torna a stregare i suoi lettori affezionati con un racconto della Sardegna pre-unitaria, trasportandoli su quest’isola distante anni luce dall’Italia, dal “continente” così estraneo e remoto. Il suo nuovo romanzo “Stirpe” è un ritratto di famiglia che è lo specchio della società del tempo, le sue abitudini, il suo linguaggio, i suoi pregiudizi, la sua quotidianità. Trieste, Gennaio 1917. Tre lettere. Tre versioni della stessa confessione che aprono squarci sulla vita di Luigi Ippolito Chironi, sottoufficiale del Regio Esercito Italiano impegnato nella guerra contro l'Austria-Ungheria del '15-'18. La prima è la lettera che un figlio scrive alla madre, quando dal ruolo di protetto assume quello di protettore. Le madri si proteggono difendendole dal dolore più profondo, arrivando a mentire se necessario. La prima lettera è quella del dolce entusiasmo, degli odori dell'infanzia, della saga infantile... I Chironi proprietari terrieri e pastori, signori della terra e delle bestie, cinque figlie femmine, un figlio maschio paraplegico, e poi, alla fine, Luigi. La pietra preziosa, il premio per la vecchiaia. La seconda lettera è quella che Luigi scrive alla moglie. E la lettera di carne e spirito, il territorio dei sentimenti: il primo incontro, il primo bacio, la perdizione dell'innamoramento. La seconda lettera è quella di un uomo innamorato a cui la Guerra non ha tolto l'amore. La terza lettera è quella che Luigi scrive al fratello Leonardo... Forse sono stati Caino e Abele. E forse l'infermità di Leonardo non è nient'altro che un'immagine delle paure di un secolo nascituro... L'ultima lettera è quella della verità. Una verità minima quasi inutile rapportata al "fragore sordo della battaglia". Dentro a questa Storia grandissima tutti gli uomini sono piccoli. Marcello Fois è nato nel 1960 a Nuoro. Scrittore, vive a Bologna da molti anni. Laureato in Italianistica, è un autore prolifico, non solo in ambito letterario in senso stretto, ma anche nel campo teatrale, radiofonico e della fiction televisiva. Esordisce nel 1992 con il romanzo Picta, vincitore del Premio Italo Calvino, e Ferro recente. A questi sono seguiti numerosi altri libri (e altri premi), tra cui Nulla (Il Maestrale 1997, Premio Dessì), Sempre caro (Il Maestrale - Frassinelli 1998, Premio Scerbanenco-Noir in festival e Premio Zerilli-Marimò), Gap (Frassinelli 1999), Sangue dal cielo (Il Maestrale - Frassinelli 1999), Dura madre (Einaudi 2001), Piccole storie nere (Einaudi 2002), L’altro mondo (Frassinelli-Il Maestrale 2002), Materiali (Il Maestrale 2002), Tamburini (Il Maestrale 2004), Memoria del vuoto (Einaudi 2007), Sempre caro (Einaudi 2009), Stirpe (Einaudi 2009). "Stirpe" di Marcello Fois - Incipit (prologo) Luigi Ippolito si è messo disteso sul letto rifatto. È vestito di tutto punto, i bottoni della tonaca brillanti, le scarpe lucidate a specchio. Come sempre è stato e sempre sarà, si chiama per cognome e nome Chironi Luigi Ippolito e, senza muoversi, si mette in piedi per guardarsi composto, morto, pronto da piangere. L’Uno sta lì, preciso a se stesso, l’Altro lo fissa, inquieto, pietrificato, ma turbolento, dritto e secco come un insulto detto in faccia, tra il letto e la finestra. Che la fissità dell’Uno è parvenza e la fissità dell’Altro è controllo. Al primo sguardo si direbbero del tutto identici Luigi Ippolito e Luigi Ippolito, solo che il primo, quello disteso sul letto, ha l’apparenza imperturbabile del morto sereno, mentre il secondo, quello che osserva se stesso, in piedi, è rigido e accigliato come sono rigidi e accigliati gli sguardi perplessi. Cosi mentre il primo è immerso nella pace inenarrabile di una resa totale, il secondo battaglia contro quella invincibile mollezza. Per questo a un certo punto, rompendo ogni stasi, si avvicina fino quasi a rapirgli il soffio, quasi padre amorevole che voglia assicurarsi che il neonato ancora respiri. Ma non è per amore che Luigi Ippolito si piega su Luigi Ippolito, no: l’Altro si piega sull’Uno per leggergli la vita. E insultarlo anche, che non è quello il momento di morire e tanto meno di giocare alla morte; e non è quello il momento di arrendersi.

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