Sull'incontro di venerdì 15 ottobre con
Arnaldo Bruni che ha presentato il poema eroicomico da lui curato in questa
nuova edizione di Clueb, “La pulcella d’Orléans” di Voltaire e tradotto in
ottava rima da Vincenzo Monti.
Nella
mia poca dimestichezza con i poemi eroicomici ed epici che solo di recente ho
riletto in parte, grazie alle indicazioni di alcuni amici ben più interessati
di me, mi mancava, ovviamente, quel poema di cui si è parlato venerdì scorso al
caffè letterario, cioè la Pulcella di Orleans, in altre parole di Giovanna
d’Arco, eroina francese e madre della patria, santa e guerriera che spinge la
nazione alla liberazione dall’invasione inglese. Per questa somma di perfezioni
Giovanna risulta intoccabile e inattaccabile, oggetto di culto e di
venerazione. La devozione che i francesi hanno per la loro ineguagliabile
guerriera va oltre l’umana comprensione, si eleva oltre le vette più alte del
culto religioso per cui il popolo intero si compiace di lodarne l’integrità per
sempre. Una simile statuaria bellezza ed esempio di virtù, però non poteva
passare indenne dalla riflessione di una mente audace, forse la più audace del
suo tempo, quella mente universale che prese il nome singolare di Voltaire che
da bravo iconoclasta pensò bene di ridimensionarne il culto volgendo la storia
dell’eroina in parodia sarcastica. Ogni capitolo ha un tenore che volge sempre
al comico, mettendo in scena anche quello che in scena non dovrebbe starci,
cioè tutto quello che avviene fuori scena e che per sua natura è classificato
come impudico. E sono numerose le scene in cui qualcosa di indecente accade
alla pulcella che comunque si libera sempre dei suoi assalitori. Per chi conosce
bene Voltaire o ha sfogliato solo poche pagine della sua opera, sa che era un
esperto nella lapidazione del clero, e di ogni genere di culto, un fustigatore
dei parassiti di tutte le specie e dei moralisti ipocriti, per cui non risulta
difficile accettare il suo verbo in cui si manifesta gli attacchi più energici
contro il potere. La presentazione del libro, tradotto di Vincenzo Monti,
condotta dal curatore Arnaldo Bruni e dal professor Francesco Sberlati, ha
messo in evidenza sia l’esemplarità dell’attacco anticlericale di Voltaire, e
nello stesso tempo la genialità della traduzione di Vincenzo Monti, che con
grande sapienza ha tradotto in ottave quelle che in originale erano rime
baciate. Il risultato della traduzione è più incalzante rispetto all’originale,
non c’è ombra di fiacca nei versi, anzi, quello che emerge con maggiore forza è
il vigore della scena comica e del sarcasmo critico, parodia che fin dal suo apparire
fu messa all’indice, e oggetto di insulti peraltro accolti da Voltaire e
rimandati ai numerosi mittenti. L’opera per tanto ha attraversato tempi bui,
per traduzioni frammentarie e parti tagliate che per fortuna ci vengono
riconsegnate grazie al lavoro di ricomposizione di Arnaldo Bruni. Grazie anche
alle letture che hanno accompagnato i commenti, ad opera di due solerti lettori
come Gianni e Claudio, l’opera di Voltaire-Monti è apparsa ancora più attuale e
luminosa, indicativa, a me pare, di una satira doverosa che latita dalle nostre
parti purtroppo da molto, troppo tempo, e che avrebbe credo parecchio da dire
in questi tempi poco decenti.
di Ivano Nanni
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