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martedì 8 aprile 2008

Due serate dedicate all'Arte

Due serate dedicate all’arte, quelle di sabato e lunedì scorso per Caffè Letterario. La conviviale di sabato ha visto come protagonista il filosofo veneziano Massimo Donà che ha presentato il libro “Arte e Filosofia” edito da Bompiani. La serata e la discussione che ne è seguita si sono protratte fino alla mezzanotte grazie anche alla presenza in sala dell’artista e vecchio amico di Caffè Letterario Gian Ruggero Manzoni che ha svolto le funzioni di moderatore. Molto apprezzato anche il breve e intenso filmato che è stato proiettato a metà serata dal titolo “Eternal gaze” (lo sguardo eterno). Un “corto” realizzato con la tecnica del 3D dall’artista giapponese Sam Chen, dedicato al grande scultore del secolo scorso Alberto Giacometti. Una bellissima lezione di Storia dell’Arte è stato invece l’incontro di lunedì 7 con Claudio Spadoni, direttore del MAR (Museo d’arte della città di Ravenna) che ha presentato il catalogo e la mostra attualmente allestita nella Loggetta Lombardesca. “La cura del bello. Musei, storie, paesaggi per Corrado Ricci." Spadoni con l’ausilio della videoproiezione di molte delle opere esposte a Ravenna, ha condotto per mano il pubblico attraverso sei secoli di storia dell’arte, dal duecento senese ai paesaggisti italiani del XIX secolo, sottolineando l’importanza che la figura del ravennate Corrado Ricci ha avuto per la tutela e la custodia del patrimonio artistico e paesaggistico italiano. Due serate dedicate all’arte. di Ivano Nanni Esasperati dalla politica, impotenti di fronte allo strazio delle diatribe di uomini piccoli che si fronteggiano seminando illusioni su platee ridondanti di bandiere e folle plaudenti agghiaccianti, le persone reagiscono come possono, secondo il loro temperamento e la loro cultura. Purtroppo non sono molti coloro che reprimono la rabbia e la frustrazione e la convertono in spirito critico elaborando il senso di una profonda malinconia, andando oltre il disgusto di questi tempi ignobili e godendo di alcuni momenti di gioia comune. L’impressione di trovarsi in una condizione di disincanto e scetticismo tale da non aspettarsi niente da chi non ha niente ci darebbe l’opportunità di resettare il sistema mentale, azzerare il contatore delle polemiche e imprimere al nostro ragionare una svolta, liberarci dall’ipnosi del rito senza contenuto della politica ed esercitare quello sguardo dal di fuori che abbraccia elementi vecchi e nuovi e ci induce a pensare la nostra vita in termini non più o non solo economici. Un esempio delle possibilità offerte da questi tempi improponibili, ci viene dall’arte e dai discorsi che attorno ad essa si sono composti, nelle argomentazioni e negli innumerevoli spunti che hanno intrattenuto gli intervenuti, una minima parte di tanti interessati, nelle due serate dedicate all’arte e alla storia dell’arte nell’ambito del caffé letterario. Non dobbiamo farci fuorviare dall’interesse che suscitano le polemiche politiche, è roba fasulla, un rito al quale si partecipa sempre più stancamente. Siamo talmente infiacchiti dall’arroganza della politica che nessuno si sogna di parlare dell’unico argomento concreto che dovrebbe indignarci, cioè di quella sovranità popolare tolta di mezzo, forse per sempre, da una prepotenza incivile proposta da coloro che del senso civico dovrebbero essere i garanti. Contro questo scippo, come estrema ratio, se non dispiace, si dovrebbe come minimo disertare le urne, tanto per essere coerenti con la Costituzione, per far almeno capire che una porcata, a detta di tutti, non si può ripetere due volte e farla franca irridendo impunemente i cittadini; ma su questo non si può sperare nulla, la cultura dell’indecenza sommata a un’ignoranza e a un’accidia coltivata con scrupolo nei secoli dalla classe dirigente e trasmessa con pignoleria ai cittadini è arrivata alla sua apoteosi lasciando il bel paese in una desolante sovranità limitata. E se è vero che molte delle malefatte dei politici vengono dall’impunità che viene loro da una mancata critica dei cittadini elettori allora credo, e lo dico con un po’ di imprudenza, che interessarsi all’arte e ai suoi correlati letterari, filosofici, storici, critici, possa formare sempre più persone a quella forma d’arte particolare che non ha bisogno di nessun talento specifico di cui tutti disponiamo e che va sotto il titolo generico di saper ragionare. Ragionare un po’ di più, capire un po’di più, essere più critici e umili servirebbe a sollevarsi sopra il polverone della protervia e distinguere meglio tra una parte e l’altra, e sempre salvando il principio che sempre si può andare incontro alla rovina con le proprie scelte, almeno queste sarebbero consapevoli e sostenute da argomenti degni e ragionati. Questo a mio parere mi hanno detto le due ultime serate sull’arte condotte da amici, critici, e storici; alle mie orecchie hanno detto che nonostante l’arte sia una terra aspra e dura da definire, un elemento concreto emerge forte e chiaro: ed è l’assoluta arbitrarietà del giudizio o perlomeno la sua incessante onnipresenza e gli innumerevoli spunti di lettura che si danno sulle opere, e che è proprio per questa libertà interpretativa, congeniale alla nostra volubile intelligenza, che la nostra umiltà dev’esser più forte in quanto tutto occorre tenere a memoria, rispettare, e meditare. (Ivano Nanni)

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