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venerdì 8 giugno 2012

"Esercizi di stile" La premiazione del Concorso Letterario


Nell’ambito della manifestazione A DAYS… La creatività dei giovani, a cura degli studenti delle scuole secondarie dell’Unione dei Comuni della Bassa Romagna, martedì 5 giugno è avvenuta la premiazione del IV° Concorso Letterario "Esercizi di stile" per gli Istituti Secondari, organizzato dal Liceo in collaborazione con il Caffè Letterario di Lugo. La serata è stata introdotta dall’assessore alle politiche giovanili Marco Scardovi, che ha illustrato il programma delle iniziative studentesche in programma, e da Patrizia Randi che, a nome di Caffè letterario, dopo aver raccontato la genesi e le caratteristiche del Concorso, si è rivolta ai giovani presenti, sollecitandoli a fare proposte e ad esprimere idee  per una possibile collaborazione futura. Hanno costituito la giuria che ha scelto i 6 migliori racconti Luigi Sebastiani e Carlo Vistoli, studenti universitari ed esponenti della cultura giovanile lughese, che hanno anche letto i racconti, ben sottolineati dal raffinato sottofondo musicale di Francesco Moretti, allievo del Liceo Classico. Fotoreporter della serata, Alex Alvisi e Federica Carioli, del Liceo Linguistico, a testimoniare, come ha commentato Patrizia Randi, “che questa è stata un’occasione dove si sono espressi talenti diversi”. 

I criteri generali per la valutazione sono stati la piacevolezza della lettura e l’adesione al carattere narrativo. 
Il  1° premio è andato ad ALESSIA MORINI  3ᵃ Liceo Linguistico con “Qualcosa di importante”, con la seguente motivazione:
per aver svolto con chiarezza e semplicità una breve narrazione sulla presa di coscienza del rapporto tra se stessi e il mondo — vissuta mediante l’ausilio di un punto di vista immaginario e soggettivo —, in grado di rendere più tollerabile la quotidianità.

2° premio a LUCIA TAZZARI, 1ᵃ Liceo Linguistico, con “Il posto a cui apparteniamo”
per aver espresso con grazia e semplicità, in un componimento dalle linee narrative chiare ed essenziali, il sentimento, tutto umano, di regressione panica all’inorganico.

3° premio a GABRIELE VECCHI 1ᵃ SAS con “Il vento”
per aver dato forma, con uno stile allusivo e aforistico, ad un’immagine — che si pone al di fuori di un impianto narrativo — della morte, attraverso l’impiego di rimandi analogici tra il soffio del vento e il soffio vitale, adottando inoltre toni delicati e dimessi. 

Gli altri elaborati, meritevoli di menzione, sono stati, in ordine alfabetico:

“Morire di rock” di Andrea Bernardi ITIS sez. Meccanica
“La vittoria dell’imperatore” di Margherita Capacci 1ᵃ Liceo Linguistico
“Sigaretta, whiskey e dolore” di Cristina Checcatello 3ᵃ Liceo Linguistico




“Qualcosa di importante”   (1° classificato)
 di Alessia Morini

Quando Eric uscì da scuola quella mattina la banda lo stava aspettando. “Ti conviene tirare fuori i soldi subito, se non vuoi prenderle.” Come sempre lui oppose resistenza, pur sapendo che se ne sarebbe pentito. Loro erano troppi e lui era più piccolo e debole. Gli presero i pochi soldi che aveva e il panino che non aveva mangiato quella mattina e lo lasciarono dolorante sul marciapiede. Quando arrivò zoppicando alla fermata dell’autobus la trovò deserta e con un sorriso rassegnato si avviò verso casa a piedi. Eric aveva 14 anni, folti capelli neri e due occhi verdi dall’aria combattiva. In quel momento aveva anche un cerchio nero attorno all’occhio sinistro e diversi lividi sul viso e sulle braccia. Guardando le nuvole, si chiese quando la Dea della fortuna l’avrebbe trovato simpatico e le cose per lui sarebbero migliorate. Sua sorella avrebbe saputo come farlo sentire meglio, se solo fosse stata lì con lui. Aveva sognato così tante volte che quei delinquenti che l’avevano appena pestato fossero stati sulla macchina della ragazza al posto suo il giorno dell’incidente. “Quando la smetterai di autocommiserarti?” chiese una voce dietro di lui. 

“Non lo sto facendo!” rispose Eric voltandosi indispettito. Davanti a lui stava uno sconosciuto con una sigaretta in bocca, uno smoking, una pedina degli scacchi che spuntava dal taschino e un buffo cappello a cilindro sui lunghi capelli neri striati qua e là di bianco, nonostante il viso giovanile. “Oh, lo so bene, volevo solo provocarti, amico.” 
“Chiunque tu sia lasciami in pace, non è giornata.” 
“Come sei suscettibile! Guarda che io sono qui per aiutarti, non devi essere scontroso con me, Eric.”
“Come sai il mio nome? Io non ti ho mai visto!”
“So molte cose di te ragazzino. Probabilmente più di te. So che tua sorella vorrebbe che ti tenessi alla larga da quei brutti ceffi. La prossima volta ti consiglio di uscire dalla porta principale, non da quella sul retro. O sei parecchio stupido, o hai voglia di essere picchiato. Quei codardi ci pensano due volte prima di dartele davanti a tutti.”
“Ma come…? Tu sei pazzo. Evey è morta l’anno scorso. Ora vattene per favore.”
“Come vuoi.”
Eric continuò a camminare, ma poteva ancora vedere l’ombra dello sconosciuto dietro di lui. Sbuffò sonoramente.
“Cosa vuoi da me?”
“Voglio solo aiutarti.”
Sentì la mano dello sconosciuto posarsi sulla propria spalla, poi gli alberi, le panchine, la strada, il cielo nuvoloso, tutto intorno a lui scomparve. L’ultima cosa che sentì fu la voce dell’uomo che diceva: “Voglio mostrarti una cosa.”
Il paesaggio era cambiato totalmente. Non sembrava un luogo reale. I contorni delle cose attorno a lui erano vaghi, non c’era molta luce. 
“Dove siamo?” chiese.
“In un luogo dove tutto è possibile” fu la risposta.
“Ma io non vedo nulla.”
“E’ vero. E’ proprio questo il tuo problema. Chiunque con un po’ di immaginazione potrebbe fare un capolavoro di questo posto, ma tu semplicemente non vedi nulla. Sai, amico, la vita può essere infinitamente vuota, se tu non la riempi con qualcosa di importante. Stai aspettando che la fortuna si accorga di te, ma sei tu che devi prendere in mano la tua vita e farne qualcosa di veramente bello. La fortuna non esiste, dipende tutto da noi. Possono succedere cose terribili, ma nessuno ha mai detto che fosse facile. Non ci si deve fermare, bisogna trovare la forza di andare avanti.
Ricordi come eri felice prima che Evey se ne andasse? Devi ritrovare quella felicità.”
Le lacrime rigavano il volto di Eric. “E se non ci riuscissi? Mi sembra sempre che nessuno si accorga di me.”
“Devi. Devi farlo per lei. Lei è la prima a volere che tu vada avanti.”
“E tu come lo sai?”
“Io so molte cose, te l’ho detto”. 
Il paesaggio era cambiato di nuovo. Ora non era più vuoto, somigliava vagamente al parco dove Evey lo portava a giocare quando era piccolo. 
Un cane gli venne incontro portando in bocca qualcosa. Era un vagone del trenino colorato che un suo amico d’infanzia, che non vedeva più da tanto tempo, gli aveva regalato una volta. Ci avevano giocato tanto insieme.
“Bravo, vedi che ci riesci?” disse l’uomo con un sorrisetto.
Eric aprì gli occhi. Un buco nella strada aveva fatto sobbalzare il pullman, svegliandolo. 

“Ciao, è libero questo posto?” chiese sorridendogli una ragazzina dai capelli rossi in piedi di fianco al sedile.
“Eh? Ah, certo.”
“E’ tua questa?”
“Cosa?...” 
Sul sedile di fianco a lui c’era la pedina di una scacchiera. Eric guardò la ragazza sorridendo a sua volta: 
“Sì, è mia.”





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