Sull'incontro di venerdì 8 febbraio con Gianfranco Pacchioni che ha presentato il suo saggio “L’ultimo Sapiens” edito da Il Mulino.
La cosa inquieta un po’. Se una nuova generazione di computer
dotati di facoltà di autoapprendimento sta replicando al meglio le doti umane, ciò
significa che inizieranno a riflettere sulle loro azioni cosicché svilupperanno
una coscienza tale da prendere decisioni imprevedibili per noi, piccoli umani
dotati di sentimenti buoni per i romanzi, le poesie, l’arte, di cui per il
momento abbiamo l’esclusiva. Ad esempio, i computer, che tra breve non saranno
più solo macchine, potrebbero decidere di replicare solo se stessi. Innamorati
narcisisticamente della propria perfezione, escluderanno gli esseri umani dalle
decisioni futuribili, e perciò, in quel preciso momento si verificherà una
condizione tale da giustificare il titolo del libro- L’ultimo sapiens – di
Gianfranco Pacchioni, chimico e prorettore dell’Università Bicocca di Milano
nella cui presentazione racconta alcuni aspetti della ricerca genetica che
sposteranno i cardini dell’evoluzione che prevedibilmente non si potrà più
chiamare solo umana. Vale a dire che per l’uomo, se l’intelligenza artificiale
diventerà autonoma, le prospettive potrebbero essere quelle di una vita chiusa
nelle verdi praterie di una riserva(indiana?) dove si potrà vivere sì, ma come
obsoleti prodotti della creazione, non più unici ma replicabili, duplicabili,
stampabili in 3d, geneticamente modificabili, e poi anche, forse,
sacrificabili. Anzi sicuramente sacrificabili.
C’è un mondo parallelo in cui queste cose avvengono, o stanno
per avvenire. Si stanno sviluppando con una velocità preoccupante e senza
clamori prove tecniche procreative. Di tanto in tanto sui giornali appare la
foto di un essere umano con sotto la scritta clonato in un laboratorio cinese
(per il momento). Solitamene queste notizie appaiono in decima pagina, o nella
rubrica scientifica, perciò restano sotto la soglia di attenzione delle masse
indaffarate a sopravvivere e ignare del mondo nuovo che avanza. In altri
termini, accanto al nostro mondo, al mondo delle persone normali come me, che
non arrivano alla decima pagina, ma tuttavia maneggiano come primati smartphone
con cui si potrebbe andare su Saturno, esistono i mondi dei genetisti, dei
biologi molecolari, degli ingegneri del DNA, e di tutti quegli scienziati che sperimentano
sul genoma umano, alterano i codici genetici e li riscrivono. L’immagine che
appare alle persone come me, sono di scienziati, che forbici alla mano tagliuzzano
pezzi della catena genetica, e facendo questo rispondono ad esigenze correttive
primarie. Chi ha perso una mano, un orecchio, una gamba potrebbe ritrovarsi di
nuovo con il suo arto a posto, proprio il suo, esattamente una replica esatta, stampato
in un laboratorio coreano e inviato a casa senza spese di spedizione, non è
meraviglioso tutto questo? Direi di sì. A parte la sindrome Frankenstein è una
frontiera che si sposta. Dunque le
frontiere della scienza, di questa scienza si spostano rapidamente, sono
movimenti tellurici, tsunami psichici che mettono in discussione temi epocali,
correttivi e procreativi. Con piccoli aggiustamenti al DNA si arriverà a
correggere malattie insite nei circuiti remoti della psiche, allungare la vita
umana oltre ogni immaginazione, avvicinarsi all’immortalità, a vivere
cinquecento anni come Noè, come tutti i patriarchi biblici prossimi
all’eternità. E Dio, ci stiamo dimenticando del creatore supremo, che fine farà
in tutto questo replicare di vita oltre la vita? Non sarà replicante anche lui,
o per lo meno replicabile. E se si cercasse la matrice la divina in quei
laboratori? Già, che fine ha fatto Dio in tutta questa marea di sostituzioni,
clonazioni, duplicazioni? Che sia solo un file dentro a un computer, qualcosa
in attesa di stampa?
E se per tutti noi, che brancoliamo nel buio dell’insipienza, si
aprisse un varco di luce dove è possibile capire quello che non abbiamo mai
capito, e cioè che la terra potrebbe essere, essa stessa una macchina, un
gigantesco computer organico replicabile e replicato all’infinito, sarebbe il
risultato di un’auto programmazione o di una intelligenza che si compiace di
essere in diverse forme ma che sostanzialmente resta un grande ingegnere meccanico?
di Ivano Nanni
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