Gianfranco Pacchioni è
stato ospite del Caffè Letterario di Lugo venerdì 8 febbraio 2019 per
presentare il suo libro "L’ultino
Sapiens” edito da Il Mulino.
Temevamo una di quelle giornate
uggiose di febbraio, quei nebbioni della bassa padana che non ti fanno vedere
l’altro lato della strada, in cui tutto diventa grigio, vago e lattiginoso.
Temevamo i cieli bigi della Romagna d’inverno, e il freddo tagliente, sgradito
lascito dei giorni della merla. E invece no, ad attenderci a Lugo c’era una
bella serata tiepida e limpida, con il sole al tramonto sui campi spogli di
vite e la rocca cittadina a stagliarsi su un cielo bluastro. Stagliarsi per
modo di dire, perché sull’altro lato della piazza ci sovrastava la mole
slanciata dell’ala di marmo che la città ha voluto dedicare al suo cittadino
più illustre, quel Francesco Baracca il cui nome credo di aver inteso per la
prima volta alla scuola elementare di via Gattamelata, a Milano, quando le
nebbie c’erano davvero e a volte si rischiava di perdersi anche solo
attraversando la strada. Ricordo un disegno che rappresentava il coraggioso
aviatore campeggiare solenne sulle pagine del sussidiario, e suscitare in me
bambino immagini algide di combattimenti aerei che in realtà dovevano essere
stati molto diversi da come io me li figuravo. Da allora il nome di Baracca
l’ho incontrato chissà quante altre volte in filmati storici, racconti epici della
grande guerra, libri e resoconti di battaglie, ma nulla ha più eguagliato
quella figura a colori del sussidiario e le fantasie che ha suscitato. E’ stato
quindi un brusco ma curioso risveglio vedere da vicino il biplano di Baracca,
perfettamente conservato, lucido e splendente fare bella mostra di sé nel museo
dedicato al celebre concittadino. Ho provato a immaginare di salire impavido su
quei 500 chili di lamierino e cartapesta, tenuto insieme da improbabili tiranti
di corda, e volare spavaldo a 190 all’ora affidandomi a un fragile motore a
scoppio, con la faccia al vento e alle intemperie. E guerreggiare al freddo dei
3000 metri con, come unica arma, una rumorosa mitragliatrice facile ad
incepparsi. Beh, diciamolo, tutto questo a noi cittadini dell’era digitale più
che cosa da eroi pare una cosa da pazzi. Eppure è avvenuto, e come Baracca
tanti altri giovani aviatori si sono cimentati in quegli anni sui cieli
d’Europa, portando per la prima volta sugli scenari di guerra mostruose
macchine volanti in grado di seminare morte dal cielo. Baracca, e gli altri
come lui, non potevano immaginare che sarebbe arrivata un’epoca in cui salire
su un aeroplano dà la stessa emozione che mettere piede su un autobus e che su
un solo aeromobile sarebbero salite 500 persone che avrebbero attraversato in
poche ore mari e oceani. Ma Baracca era un pioniere, uno di quegli uomini che
aprono strade nuove, che tracciano vie inesplorate e trasmettono così un
lascito duraturo a coloro che vengono dopo.
Sono venuto a Lugo per parlare
del destino dei Sapiens, di come gli sviluppi impetuosi della scienza e della
tecnologia stiano modificando in modo profondo il nostro modo di essere e di
pensare, di come stiamo diventando, o rischiamo di diventare, qualcosa di molto
diverso da tutti i Sapiens che ci hanno preceduti. E in effetti, genetica
umana, neuroscienze, intelligenza artificiale, bio e nanotecnologie sono
destinate a modificare in modo profondo e irreversibile le nostre vite e le
nostre caratteristiche. Ma l’incontro con Baracca e la sua epopea mi ha
convinto sempre di più che al centro di tutto c’è l’Uomo, con le sue speranze,
le sue ambizioni, il suo coraggio, le sue follie, la sua capacità di andare
“oltre”. Mi ha ricordato anche che ci sono Sapiens in grado di imprese
formidabili, di scoprire continenti, scalare montagne, scrivere poesie
immortali, o volare su un trabiccolo fragile e delicato.
Quando usciamo dal museo ormai si
è fatta sera, le luci artificiali hanno preso il sopravvento sul chiarore
serale, e decidiamo di concederci un aperitivo in piazza, questa bellissima
abitudine tutta italiana di vivere gli spazi comuni, le strade antiche, i
portici e gli angoli pittoreschi delle nostre belle città. E Baracca non ci
lascia, facendo bella sfoggia di sé in una statua bronzea che lo fa
assomigliare più all’omino Michelin che a un pilota di caccia, ma non importa.
Grazie Lugo, grazie amici del Caffè Letterario per questo tuffo nel passato e
per queste brevi emozioni su un personaggio della mia infanzia.
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