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martedì 12 febbraio 2019

"Una serata di febbraio a Lugo" di GIANFRANCO PACCHIONI


Gianfranco Pacchioni è stato ospite del Caffè Letterario di Lugo venerdì 8 febbraio 2019 per presentare il suo libro "L’ultino Sapiens” edito da Il Mulino.

Temevamo una di quelle giornate uggiose di febbraio, quei nebbioni della bassa padana che non ti fanno vedere l’altro lato della strada, in cui tutto diventa grigio, vago e lattiginoso. Temevamo i cieli bigi della Romagna d’inverno, e il freddo tagliente, sgradito lascito dei giorni della merla. E invece no, ad attenderci a Lugo c’era una bella serata tiepida e limpida, con il sole al tramonto sui campi spogli di vite e la rocca cittadina a stagliarsi su un cielo bluastro. Stagliarsi per modo di dire, perché sull’altro lato della piazza ci sovrastava la mole slanciata dell’ala di marmo che la città ha voluto dedicare al suo cittadino più illustre, quel Francesco Baracca il cui nome credo di aver inteso per la prima volta alla scuola elementare di via Gattamelata, a Milano, quando le nebbie c’erano davvero e a volte si rischiava di perdersi anche solo attraversando la strada. Ricordo un disegno che rappresentava il coraggioso aviatore campeggiare solenne sulle pagine del sussidiario, e suscitare in me bambino immagini algide di combattimenti aerei che in realtà dovevano essere stati molto diversi da come io me li figuravo. Da allora il nome di Baracca l’ho incontrato chissà quante altre volte in filmati storici, racconti epici della grande guerra, libri e resoconti di battaglie, ma nulla ha più eguagliato quella figura a colori del sussidiario e le fantasie che ha suscitato. E’ stato quindi un brusco ma curioso risveglio vedere da vicino il biplano di Baracca, perfettamente conservato, lucido e splendente fare bella mostra di sé nel museo dedicato al celebre concittadino. Ho provato a immaginare di salire impavido su quei 500 chili di lamierino e cartapesta, tenuto insieme da improbabili tiranti di corda, e volare spavaldo a 190 all’ora affidandomi a un fragile motore a scoppio, con la faccia al vento e alle intemperie. E guerreggiare al freddo dei 3000 metri con, come unica arma, una rumorosa mitragliatrice facile ad incepparsi. Beh, diciamolo, tutto questo a noi cittadini dell’era digitale più che cosa da eroi pare una cosa da pazzi. Eppure è avvenuto, e come Baracca tanti altri giovani aviatori si sono cimentati in quegli anni sui cieli d’Europa, portando per la prima volta sugli scenari di guerra mostruose macchine volanti in grado di seminare morte dal cielo. Baracca, e gli altri come lui, non potevano immaginare che sarebbe arrivata un’epoca in cui salire su un aeroplano dà la stessa emozione che mettere piede su un autobus e che su un solo aeromobile sarebbero salite 500 persone che avrebbero attraversato in poche ore mari e oceani. Ma Baracca era un pioniere, uno di quegli uomini che aprono strade nuove, che tracciano vie inesplorate e trasmettono così un lascito duraturo a coloro che vengono dopo.
Sono venuto a Lugo per parlare del destino dei Sapiens, di come gli sviluppi impetuosi della scienza e della tecnologia stiano modificando in modo profondo il nostro modo di essere e di pensare, di come stiamo diventando, o rischiamo di diventare, qualcosa di molto diverso da tutti i Sapiens che ci hanno preceduti. E in effetti, genetica umana, neuroscienze, intelligenza artificiale, bio e nanotecnologie sono destinate a modificare in modo profondo e irreversibile le nostre vite e le nostre caratteristiche. Ma l’incontro con Baracca e la sua epopea mi ha convinto sempre di più che al centro di tutto c’è l’Uomo, con le sue speranze, le sue ambizioni, il suo coraggio, le sue follie, la sua capacità di andare “oltre”. Mi ha ricordato anche che ci sono Sapiens in grado di imprese formidabili, di scoprire continenti, scalare montagne, scrivere poesie immortali, o volare su un trabiccolo fragile e delicato.
Quando usciamo dal museo ormai si è fatta sera, le luci artificiali hanno preso il sopravvento sul chiarore serale, e decidiamo di concederci un aperitivo in piazza, questa bellissima abitudine tutta italiana di vivere gli spazi comuni, le strade antiche, i portici e gli angoli pittoreschi delle nostre belle città. E Baracca non ci lascia, facendo bella sfoggia di sé in una statua bronzea che lo fa assomigliare più all’omino Michelin che a un pilota di caccia, ma non importa. Grazie Lugo, grazie amici del Caffè Letterario per questo tuffo nel passato e per queste brevi emozioni su un personaggio della mia infanzia.


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