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martedì 30 ottobre 2012

"Verba volant (s)cripta manent" di IVANO NANNI


In occasione della serata conviviale-musicale "non è ver che sia la morte" di mercoledì 31 ottobre

-Verba volant, (s)-cripta manent-. Si potrebbe dire in traduzione molto libera, ” le parole volano, le cripte e le iscrizioni restano “. Le tombe e le parole sulle tombe sono spesso le uniche cose che restano di un defunto. Specie se il defunto non ha lasciato tracce troppo profonde, per ingegno, arte, o scienza,   nel qual caso sono le opere a parlare, il suo ricordo rimane appeso alle parole incise sul marmo o nel bronzo. Quello che si scriveva sulle lapidi informava chi leggeva della personalià del morto, era la sintesi della sua vita tradotta in poche righe, l'epitaffio, tramandata ai posteri.
Genere letterario a se stante, le iscrizioni funerarie romane sono spesso divertenti o irriverenti, mai piane e futili, ripetitive e retoriche come i necrologi dei nostri giorni  che non dicono nulla del morto ma tutto sulla sua bontà d'animo. Qualche esempio di necrologio romano.
Selia Chia liberta di Marco. “ Qui son io, Chia; per volere del Fato. La mia bellezza è dissolta in cenere. L'invida morte tutto eguaglia...”
È un'iscrizione funeraria romana trovata a Salona presso Spalato. Si riferisce a una donna liberta di grande bellezza. Ed è anche una notazione politica, se si può dire, “il tutto eguaglia”, è forse un inno alla Democrazia, per alcuni il secondo nome della Mietitrice. Tutti simili nelle tombe. Nelle urne le ceneri di un povero non si distinguono da quelle di un ricco, l'anima di un senatore non pesa di più di quella di un suo modesto elettore... Non avendo notizie certe, si può dire di tutto sull'al di là. C'è chi crede nelle gerarchie Celesti o Infere, e chi pensa che la tomba è l'ultima stazione del nostro percorso.
Quinto Ammerio Schiavo, esprime la sua profonda delusione per la vita: “La terra tiene il corpo, un sasso il nome, l'anima l'aere. Sarebbe stato meglio non aver mai toccato il suolo “. Mitrovica(Jugoslavia).
Leggi e credi. Il defunto, qui, invita chi legge ad aprire gli occhi e a meditare.
“ È ciò che vedi. È così. Non può essere altrimenti”.
Roma.Iscrizione incisa su un sarcofago. Ancora a Roma, il saggio consiglio di qualcuno che ha goduto della vita:
“ Scherza, divertiti, te lo consiglio: qui regna estremo rigore “.
Sempre a Roma, da un colombario di Porta Latina, l'iscrizione di un lavoratore che ha sgobbato tutta la vita e vuole dirlo al mondo: “ Qui giaccio io, Lemiso. Solo la morte mi dispensò dal lavoro “. Con buona pace di tutti coloro che pensano di trovare libertà con il lavoro.
Lucio Ottavio Valeriano scrive sulla sua tomba:
“ Sono fuggito. Sono fuori. Speranza, Fortuna, vi saluto. Non ho più niente da spartire con voi. Prendetevi gioco di qualcun altro”. La dipartita è vista come una liberazione dai “pesi” della vita, anche da quelli comunemente accettati, la Speranza, la Fortuna.
Ci sono iscrizioni incise sui bicchieri che ricordano ai commensali quanto sia importante godere di un frammento di luce, dell'amicizia, della buona tavola: “ La vita è breve, la speranza fragile: entrate. Arde il lume: fino a che fa luce, beviamo, amici”. È il bicchiere  che parla e invita tutti a “entrare”, a gioire del vino che contiene.
Non ci si dimentica nemmeno degli animali domestici, anche per loro ci sono parole di grande umanità. Ad Ancona, su una colonna è incisa questa iscrizione dedicata a un cane da guardia: “A guardia dei carri, mai latrò a vuoto; ora tace, e l'ombra vigila sulle sue ceneri”.
Sulla tomba di un attore sta scritto: “ Qui è sepolto Leburna, maestro di recitazione, che visse più o meno cent'anni. Sono morto tante volte! Ma così, mai. A voi lassù auguro buona salute” . Un punto di vista dal basso in alto, “ a voi lassù “ dice Leburna, io sto qui sepolto o giù nell'Ade, come preferite. Concludo questo breve viaggio tra le lapidi nei giorni della Pellegrina, con una nota volante ( volant verba ), di Ennio Flaiano, epigrammista sommo del XX secolo, che ha definito la morte come una signora molto bella che, mentre parla al telefono fa un cenno di saluto a qualcuno e con noncuranza gli sorride...
Convivialmente auguri per le festività di novembre.
nota bibliografica:
Lidia Storoni Mazzolani, Iscrizioni Funerarie Romane, ed. Bur, 1991.
Ennio Flaiano, Opere, scritti postumi, Classici Bompiani, 2001.
di Ivano Nanni

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