Più di cento persone hanno assistito ieri, venerdì 27
aprile, all’incontro con la filologa e bizantinista Silvia Ronkey che ha
presentato al Caffè Letterario di Lugo il suo ultimo volume “La cattedrale
sommersa” edito da Rizzoli.
Il tema del «confine», della soglia sottile, invalicabile, non rappresentabile
— eppure rappresentabile — fra l’umano e il divino, è il filo conduttore
presente in quasi tutti i capitoli de La cattedrale sommersa. Ogni
rappresentazione del volto che voglia essere figurativa — dice in sintesi, e
con una bellissima intuizione, la Ronchey — è falsa: perché «l’immagine vera
non è quella che si guarda ma quella da cui si è guardati, il cui sguardo ci
attrae verso un’altra dimensione, ci avvicina all’enigma dell’essere», insomma
ci trasporta oltre. Come fanno le icone, che ci guardano, e guardandoci in
quella fissità irreale, lentamente ci fanno comprendere come la linea del
confine è all’interno di noi, nella nostra psiche, dove il visibile si alterna
all’invisibile, la chiarezza all’enigma.
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