Domenico Quirico è stato ospite del Caffè Letterario di Lugo
mercoledì 16 ottobre 2019 per presentare il suo libro "Che cos’è la
guerra” edito da Salani.
In una sera di autunno a Lugo per parlare, ancora, di migranti, timido segno
nel silenzio generale di qualcuno (la sala è colma, attenta) che pensa, si
commuove, ragiona. E poi la visita, venti minuti un lampo, in una delle più
scenografiche piazze d'Italia...
Sono le 23 passate, tutto è immobile come di là da una immensa vetrina. La luce
tenue ma con balzi improvvisi, il chiarore che scopre angoli, dettagli di
edifici. Secoli affiancati e mai sovrapposti con un miracolo che verrebbe da
pensare voluto, intensamente programmato. Passo a passo esci dall'ombra di una
via di palazzi misteriosi, neppure l'aspetto cadente di alcuni mette angoscia.
Poi esci nella luce spalancata del monumento a Francesco Baracca, che è come
uscire da una navata di chiesa fin sotto i gradini dell'altar maggiore. L'ala bianca dell'eroe, è in bilico su un
corno di luce, cosicché leggi come scrittura i dettagli del cavallino rampante
e le fiamme delle trenta e più vittorie. É lui, l'aviatore-martire, nero di
bronzo, erculeo nel suo buio che scruta il cielo della notte di un nemico che
non verrà più. A destra la muraglia del castello estense la cui bellezza
consiste nella solidità perfetta, nella prospettiva massiccia e lavorata, a cui
il giardino e gli alberi antichi tolgono l'oppressione della fortezza. La
piazza si infila quasi con movimento fisico in un altro segmento. Mi dicono, gli amici che mi fanno da guida
che è frutto dell'ordine spontaneo e dell'alacrità fervida di altre piazze
della città. Si infila dunque il primo rettangolo in una galleria come per
morire: un caffè, negozi chiusi. Ecco, è un passaggio, si direbbe niente di più…
e invece, all'improvviso, si apre il rettangolo perfetto di un settecentesco
enorme chiostro. Mercato animatissimo mi assicurano gli amici che mi fanno da
guida, palcoscenico di un luogo che da sempre è bancarelle, rumore, incontro,
affari, negozio; ma all'aria aperta, aspetto di civiltà padana, sicura insieme
e raffinata… Le cinquanta o più, non le ho contate, arcate uguali che si
allontanano in quadruplice prospettiva, vuote in quell'ora, silenziose, sembrano
passi fermati per prodigio con l'eco diventato di mattone e di pietra... piazza
fatta per restare insieme, non per le parate e le processioni. Passano, silenziosi
alcuni ragazzi neri....
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