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martedì 17 novembre 2009

La serata con EDGARDA FERRI

Un’altra bella serata quella di Caffè Letterario di ieri sera con la scrittrice e storica mantovana Edgarda Ferri che ha presentato il suo ultimo libro “Uno dei tanti. Orlando Orlandi Posti ucciso alle Fosse Ardeatine. Una storia mai raccontata”, edito da Mondadori. L’incontro si è svolto nella Aula Magna del Liceo Classico di Lugo alla presenza di oltre cinquanta persone ed è stato introdotto dalla curatrice di Caffè Letterario Patrizia Randi. “Uno dei tanti”, libro evocativo fin dal titolo. Orlando Orlandi Posti era infatti una delle 335 persone trucidate quel 24 marzo del 1944 alle Fosse Ardeatine dall’esercito nazista a Roma. Ma ‘Uno dei tanti’ rievoca anche il senso più profondo della lotta di Resistenza, sta a ricordarci come innumerevoli persone comuni, di cui ancora oggi si ignorano i destini, vite brevi e rimaste nell’oblio, si opposero alla barbarie di cui fu investita la storia, salvarono compagni di lotta e magari finirono nelle mani dei tedeschi, come Orlando, soltanto per vedere un’ultima volta la fidanzata. Edgarda Ferri, affermata scrittrice di biografie di importanti personaggi storici come Giovanna La Pazza, Matilde di Canossa, Piero della Francesca e tanti altri, ha raccontato questa volta la storia di un comune ragazzo diciottenne che si trovò precipitato in quel terribile periodo dell’occupazione nazista di Roma seguito all’armistizio con gli alleati e alla fuga del Re, Vittorio Emanuele III, dalla capitale. La scrittrice mantovana ha parlato poi della genesi del libro, nato dalla lettura dei foglietti che lo stesso Orlando inviava alla madre dal carcere di Via Tasso, nascosti nei colletti delle camicie da lavare, oggi conservati presso l’Archivio dei Diari di Pieve S. Stefano e vincitori del premio miglior manoscritto originale nel 2004. Avvincente poi il racconto che Edgarda Ferri ha fatto della sua visita a Herbert Kappler nella città di Soltau, nel nord della Germania Federale, nel gennaio del 1978. Il colonnello delle SS, malato di cancro al retto, era fuggito in maniera rocambolesca dal ospedale militare del Celio a Roma pochi mesi prima e sarebbe poi morto pochi giorni dopo, vinto dal male incurabile, e sepolto presso il locale cimitero, presente una piccola folla di amici e nostalgici, alcuni dei quali non esitarono a rendere omaggio al feretro con il braccio teso nel saluto nazista.

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