




Non ci si crede: più di un incontro culturale alla settimana, un luogo d'incanto, un palazzo del Settecento, una galleria di ritratti, un libraio, un mecenate, un'insegnante assessore alla scuola, alla cultura, a tutto ciò di cui non si parla da nessuna parte. E un piccolo gruppo di amici. A Lugo. Ma che bello! Felice di aver fatto parte di questo. Felice. MARIAPIA VELADIANO - 20 gennaio 2012
Da "Il lavoro smobilita l'uomo" di Serena Zoli
PREMESSA
L'Italia è ancora una Repubblica fondata sul lavoro, come serenamente afferma l'articolo 1 della Costituzione? O non si fonda piuttosto sulla finanza? Oppure sul lavoro un po' sì e un po' no, un lavoro a scatti? O sul mercato? Una Repubblica di commercianti. O pilastro centrale non e forse ora il consumo, vero volano dell'economia? Ma no, secondo alcuni la centralità del lavoro e persa in quanto trasmigrata — o trasmigrante — nel suo opposto, il tempo libero. Siamo o saremo presto alla leisure society? Una Repubblica di vacanzieri? Di certo c'è solo — e indubitabilmente — che qualcosa e cambiato nel lavoro e attorno al lavoro. Radicalmente.
Un pomeriggio d'inverno, ed è già buio, vedi da una finestra illuminata — di quelle che incuriosiscono: che vita ci sarà dietro? - l'ultimo ripiano di uno scaffale. Grandi buste, forse impolverate, raccoglitori, cartelle straripanti di disordinati fogli. E subito ti prende, cuore e stomaco, un inconsulto struggimento. È nostalgia. Ma di che cosa? Poi con stupore capisci: è nostalgia del lavoro! Ma esiste, una tal nostalgia? E perché poi? Nel lavoro, ci sei tuttora immerso; certo, da qui alla pensione il tempo è ora misurabile, ma la distanza si conta pur sempre in vari anni. Chissà, forse basta quell'orizzonte non più velato... Forse è il « buco » che s'intravede oltre, il salto incognito, che già inquieta. Sì, è questo. La fine del lavoro assomiglia alla fine della vita. E' la fine di una vita. L'età adulta è
prevista per l'attività produttiva e per combaciarvi nel tempo, e le età precedenti sono di preparazione a questo fine. Niente, invece, prepara al dopo. Non c'è una via univoca, né più vie certe tracciate. Sì, è proprio questo. Ma c'è dell'altro nell'imprevi¬sto struggimento di un tardo pomeriggio d'inverno. Nostalgia «preventiva» rispetto all'uscita dal lavoro, ma anche nostalgia del passato, com'è proprio che sia: è nostalgia del lavoro com'era, in un tempo non archeologico, databile in un paio o poco più di decenni fa, dunque ben a memoria d'uomo (e di donna) ancora in attività. O pure di impiegati e operai e imprenditori più giovani, per aver intravisto - e assaporato -tutta un'altra temperie agli esordi o per averla «vissuta» attraverso gli impieghi di padre e madre.