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Sala conferenze - Hotel Ala d'Oro

Via Matteotti, 56 - 48022 Lugo di Romagna - (Ravenna) - Italia
Per Informazioni : 0545 22388 - claudio@aladoro.it
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lunedì 30 gennaio 2012

Giovedì 2 febbraio - GHERARDO COLOMBO a Caffè Letterario

Giovedì 2 febbraio, alle ore 15,30 nella Sala Conferenze dell’Hotel Ala d’Oro, appuntamento d’eccezione per il Caffè Letterario di Lugo con il magistrato Gherardo Colombo che presenterà i suoi ultimi lavori “Il perdono responsabile” edito da Ponte alle Grazie e “Democrazia” edito da Bollati Boringhieri.
Gherardo Colombo, divenuto famoso per aver condotto o contribuito a inchieste celebri quali la scoperta della Loggia P2, il delitto Giorgio Ambrosoli, Mani pulite, i processi Lodo Mondadori-Sme, da anni si impegna nell'educazione alla legalità nelle scuole, attraverso incontri con studenti di tutta Italia, e proprio per tale attività ha ricevuto il Premio Nazionale Cultura della Pace 2008.
Filo conduttore dei suoi lavori è il tema della giustizia, giustizia che non può funzionare se il rapporto tra i cittadini e le regole è malato, sofferto, segnato dall’incomunicabilità.
Non può funzionare l’amministrazione della giustizia, quel complesso che coinvolge i giudici, i tribunali, le corti, gli avvocati, i pubblici ministeri, le prigioni, le persone sul cui destino tutto ciò incide il più delle volte pesantemente. La giustizia non può funzionare se i cittadini non comprendono il perché delle regole. Se non lo comprendono tendono a eludere le norme, quando le vedono faticose, e a violarle, quando non rispondono alla loro volontà. Perché la giustizia funzioni è necessario che cambi questo rapporto.

venerdì 27 gennaio 2012

Lunedì 30 gennaio - "Cinema, Cinema, Cinema..." Le letture al buio di Caffè Letterario

Lunedì 30 gennaio, alle ore 20,30 nel Ristorante dell'Hotel Ala d'Oro di Lugo, nuovo appuntamento conviviale della stagione con le "Letture al buio". Un appuntamento imperdibile per tutti i cinefili dove il protagonista della serata sarà ... il grande cinema di tutti i tempi! Dopo il successo della passata stagione Caffè Letterario ripropone nel ristorante dell'Hotel Ala d' Oro le letture al buio, divertenti occasioni conviviali in cui i partecipanti saranno invitati a leggere, in coppia con un lettore sorteggiato fra i presenti, un brano tratto dalla sceneggiatura di un film più o meno famoso. Una inusuale e divertente occasione insomma per giocare insieme col Cinema e, per chi se la sentirà di leggere, di entrare nelle parti dei grandi personaggi e attori che hanno fatto la storia della "settima arte". Per i più timidi, che non se la sentono di leggere, la possibilità di partecipare al gioco cercando di capire dalla lettura di improvvisati attori, di quale film si tratti, quale regista lo ha diretto e l'anno in cui è stato girato. Dopo che tutti i partecipanti al gioco avranno espresso la propria opinione, si rivedrà lo spezzone  originale del film in questione sul grande schermo della sala. Cosa aspettate? 12 capolavori deIla storia del Cinema vi aspettano e i premi per i vincitori saranno ovviamente libri. Per quanto riguarda poi l'aspetto gastronomico, la cena sarà a buffet, con un'ampia scelta di piatti, così da accontentare tutti, vegetariani e non...


Menù
Aperitivo
Maltagliati con fagioli
Gramigna salsiccia e broccoli
Crespelle al radicchio trevigiano
Tagliere di salumi, formaggi, e piadina
Bocconcini di vitello e champignon
Involtini di pesce persico e gamberi
Sformatini di verdura assortiti
I dessert
Caffè

€. 20,00 per persona (bevande incluse)
Prenotazione obbligatoria  (Tel. 054522388 - 3296817175)

giovedì 26 gennaio 2012

ATTENZIONE: ANNULLATO l'incontro con FRANCESCA SERRAGNOLI

ATTENZIONE: A causa di una improvvisa indisposizione la poetessa bolognese FRANCESCA SERRAGNOLI non potrà essere presente questa sera, giovedì 26 gennaio, all'incontro del ciclo "I poeti dei poeti" previsto per le ore 21,00 nella Sala Baracca della Rocca Estense di Lugo. L'incontro è annullato.

La serata con STEFANO BABINI

Ecco le immagini della serata di ieri, mercoledì 25 gennaio, con il fumettista lughese Stefano Babini che ha presentato il suo ultimo volume "Cielo di fuoco" edito da Dada Editore. Studente presso l’Istituto d’Arte per il Mosaico di Ravenna, Stefano Babini inizia la sua attività nel mondo del fumetto come inchiostratore per alcune testate erotiche della Edifumetto. Entra in contatto con Hugo Pratt e frequenta il suo studio in Svizzera. Nel 1993 approda alla casa editrice Sergio Bonelli e disegna la storia Pendolare del tempo, apparsa sul numero 10 della serie Zona X. Successivamente inizia una collaborazione che continua tuttora con la Rivista Aeronautica, per la quale scrive e disegna vari episodi riguardanti la storia dell’aviazione, dando vita a un personaggio proprio, l’aviatore Attilio Blasi. Realizza inoltre un racconto per il volume Storie aeronautiche a fumetti (Rivista Aeronautica, 2002), dal titolo Mediterraneo. 
Nel 2001 crea la strip Mirna per il settimanale femminile Donna Moderna, in collaborazione con Giovanni Fanti, firmando Stucchi e Nardi, in omaggio al film Il vedovo, con Alberto Sordi. Ha realizzato le chine per alcuni racconti di Niccolò Ammaniti disegnati da Davide Fabbri e sceneggiati da Daniele Brolli, poi raccolti nel volume Fa un po’ male (Einaudi Stile Libero, 2004). Nel 2006 è entrato a fare parte dello staff dei disegnatori di Diabolik, prestando le sue matite al prologo e all’epilogo dell’episodio Gli Occhi della Pantera (Il Grande Diabolik, 1-2008). Nel 2009 pubblica per Dada editore il graphic novel Non è stato un pic nic!. Attualmente sta lavorando a un progetto per il mercato francese, in collaborazione con Florian Rubis, autore del saggio biografico Hugo Pratt ou le sens de la fable. All’attività di disegnatore, affianca quella di grafico pubblicitario, pittore e insegnante di fumetto.


lunedì 23 gennaio 2012

Mercoledì 25 gennaio - STEFANO BABINI a Caffè Letterario

Mercoledì 25 gennaio, alle ore 21,00 nella Sala Conferenze dell’Hotel Ala d’Oro, ritorna a Caffè Letterario il fumettista lughese Stefano Babini con il suo nuovo libro “Cielo di fuoco” edito da Dada Editore pochi mesi or sono. Egisto Quinti Seriacopi, titolare della casa editrice riminese condurrà l’incontro che terminerà come d’abitudine con il consueto brindisi finale offerto a tutti i presenti. Con “Cielo di fuoco”, un bel volume di grande formato, Stefano Babini ripropone, con l’aggiunta di tavole inedite, le storie aviatorie pubblicate sulla "Rivista Areonautica" nel 2000/2. Storie di pura avventura con il personaggio Attilio Blasi, e interpretazioni di fatti storici realmente accaduti, con riferimenti alla passione dell'autore; il cinema, sono la cifra narrativa di questi racconti, tecnicamente e splendidamente realizzati.
Lele Vianello, amico di penna e pennello di Babini e autore della prefazione del libro così parla di quest’opera. "Guardando queste pagine, come non ricordare il periodo d’oro del fumetto americano, dagli anni ‘30 in poi, dove i protagonisti delle storie disegnate sono, guarda caso, quasi tutti piloti d’aviazione?
In ogni caso, tutti i veicoli erano disegnati con una perfezione maniacale, poiché era questo che il lettore esigente richiedeva: Stefano non è da meno.Per chi disegna fumetto gli aerei, come i cavalli, sono una dannazione. Devi saperli disegnare bene, il tratto incerto e le inesattezze finiscono per avvilire anche la parte buona del tuo lavoro; lo stesso Hugo Pratt (al quale questo libro sarebbe piaciuto), dopo averne disegnati molti nella sua vita, verso gli anni ‘70, ricorse all’aiuto dell’architetto Guido Fuga, che, con i suoi aerei perfetti, ha dato un tono di eleganza alle sue già belle tavole.
Stefano, beato lui, se li disegna da solo, dimostrando una grande precisione e sicurezza che, unite alla sua squisita sensibilità e ironia, fanno di questo libro, un libro da non perdere."


Giovedì 26 gennaio - "I poeti dei poeti" FRANCESCA SERRAGNOLI a Caffè Letterario

Proseguono all’interno della programmazione di Caffè Letterario gli incontri del ciclo di letture poetiche “I poeti dei poeti”. Il quarto appuntamento della stagione si terrà giovedì 26 gennaio alle ore 21.00 nella Sala Baracca della Rocca Estense di Lugo e vedrà come protagonista la poetessa bolognese Francesca Serragnoli a raccontare e a declamare i versi dei suoi poeti del cuore:  Ted Hughes, Adelia Prado e Philip Levine.
Ted Hughes (1930-1998) è stato uno dei più grandi poeti britannici del secolo scorso, noto al grande pubblico anche per la tragica storia del suo matrimonio con la poetessa americana Sylvia Plath, conclusosi col suicidio di lei nel 1963. Adélia Prado, una delle voci più originali della poesia brasiliana contemporanea, è nata nel 1936 a Divinópolis, nello Stato di Minas Gerais. Madre di cinque figli, già dalla prima raccolta, “Bagagem”, del 1976, pubblicata a quarant'anni, ha stupito e scosso il mondo letterario brasiliano per la singolarità della sua voce lirica. Philip Levine nato nel 1928 a Detroit, figlio di emigrati ebrei, ha raccontato nelle sue poesie il mondo familiare sociale ed economico dell’America del XX secolo con uno sguardo scettico e critico rispetto ai tradizionali ideali americani dell’epoca. 
Francesca Serragnoli è nata a Bologna il 27 agosto 1972, e si è laureata in Lettere Moderne nella stessa città con una tesi su Sant'Agostino. Suoi testi sono usciti su varie riviste quali "Frontiera", "Il Baretti", "clanDestino", "Graphie" (di cui è redattrice) e sull'antologia I cercatori d'oro edita nella collana "I poeti di clanDestino" nel 2000. 

domenica 22 gennaio 2012

"Parole benedette" di IVANO NANNI

Sull'incontro di mercoledì 18 gennaio con Pietro Gabici e il suo libro "Un prete e un cane in Paradiso" dedicato a Don Fuschini

Epitaffio
Il pennino di don Fuschini scricchiolava sulla carta rapido e preciso, raccontava di un piccolo mondo ora scomparso con le parole che la sua vocazione a latere gli imponeva, con il garbo e l'ironia di chi raccoglie attorno al fuoco dei pensieri le  piccole epifanie della terra, contadini e braccianti, gente umile  descritti da parole sommesse e impreziosite da un lessico scopertemente vicino a una sperimentazione che allunga la mano sul latino e sul dialetto, dove le invenzioni illuminano la piccola canonica con il lume della poesia. Questa luce  troppo forte per rimanere chiusa nello studiolo di un prete, camminò per i viottoli di campagna e sparse il suo fulgore nel cuore stesso della terra, poi proseguì e prese vie più larghe, e arrivò su, in alto, dove l'aria è più rarefatta e i pensieri hanno la cornice del Cupolone. Il pennino di don Fuschini scricchiolava sulla carta e si piegava alle parole che il cuore gli dettava come una canna palustre, cresciuta come lui, selvatico come una beccaccia sull'argine del fiume in quella terra di confine che sta tra la Romagna e il Ferrarese; figlio di un fiocinino, qualcosa di quel mestiere gli rimase addosso, non prese in mano la fiocina e il remo per infilzare anguille ma si fece prete e scrittore per pescare anime e infilzare racconti. Intinse spesso la penna nella pece della polemica anticomunista che temperò con l'oro dei suoi vangeli, rimase fedele alla sua vocazione, doppiamente solitario perché prete e perchè scrittore.
di Ivano Nanni


sabato 21 gennaio 2012

La serata con MARIAPIA VELADIANO

Un’altra bellissima serata quella di ieri sera, con la scrittrice vicentina Mariapia Veladiano e il suo romanzo “La vita accanto” edito da Einaudi e vincitore del premio Calvino nel 2010. L’incontro, introdotto dalla curatrice di Caffè Letterario Patrizia Randi, ha visto come protagonista Rebecca, la bambina nata “irreparabilmente brutta”, che è il personaggio centrale del romanzo della Veladiano.  «Una bambina brutta è grata a tutti per il bene che le vogliono, sta al suo posto, ringrazia per i regali che sono proprio quelli giusti per lei, è sempre felice di una proposta che le viene rivolta, non chiede attenzioni o coccole, si tiene in buona salute, almeno non dà preoccupazioni dal momento che non può dare soddisfazioni.
Una bambina brutta vede, osserva, indaga, ascolta, percepisce, intuisce; in ogni inflessione di voce, espressione del viso, gesto sfuggito al controllo, in ogni silenzio breve o lungo, cerca un indizio che la riguardi, nel bene e nel male. Teme di ascoltare qualcosa che confermi quello che sa già, e cioè che la sua esistenza è una vera disgrazia. Spera di sentire una parola che la assolva, fosse pure di pietà. Una bambina brutta è figlia del caso, della fatalità, del destino, di uno scherzo della natura. Di certo non è figlia di Dio».
Ma come ha spiegato la Veladiano, è vero che il libro racconta la storia, dall’infanzia alla maturità, di una donna che paga pesantemente e in tutti i modi possibili la sua bruttezza, ma è soprattutto la storia di una bambina non amata. E l’esperienza del non essere amati, è una esperienza che tutti più o meno abbiamo provato, almeno una volta, nella vita. Il romanzo racconta di quel tipo di dolore che subisce la vita di una persona, quando questa persona non viene vista. In realtà Rebecca viene descritta decisamente brutta, ma andando avanti nella storia ci si dimentica quasi di questa sua bruttezza e comunque la sgradevolezza che suscita nelle persone, non giustifica tutto quel che gli accade; il “veramente brutto” è il mondo che gli gira intorno, quello che gli restituisce un’immagine di sé che gli rende impossibile la vita.
A Rebecca accade tutto questo per la sua sgradevolezza esteriore, ma oggi, in una società che ci propone un’immagine ideale talmente fuori dal possibile, il sentirsi brutti o non adeguati è una percezione comune a tutti e che specialmente i giovani e gli adolescenti possono interiorizzare in maniera realmente drammatica. Certo, un canone della bellezza a cui confrontarsi è sempre esistito nel corso dei secoli, cambiandosi o ribaltandosi nel tempo seguendo mode e stilemi, ma mai, come adesso, grazie a un bombardamento mediatico senza precedenti nella storia , ha avuto questa forza di penetrazione.  Tante altre poi le questioni affrontate nel romanzo, come il talento salvifico di Rebecca  per la musica, l’inserimento difficile nella scuola facilitato da una maestra capace di capirla o delle relazioni con il resto del mondo che nonostante il tentativo di isolamento messo in atto fin dalla sua nascita dalla famiglia riesce in qualche modo ad instaurare; primo fra tutti il rapporto fraterno con Lucilla, l’amica del cuore. Insomma, piacevolissima serata e libro altamente consigliato.
  




giovedì 19 gennaio 2012

Venerdì 20 gennaio - MARIAPIA VELADIANO a Caffè Letterario

Venerdì 20 gennaio, alle ore 21.00 nella Sala Conferenze dell’Hotel Ala d’Oro, secondo appuntamento dell’anno per il Caffè Letterario di Lugo con la scrittrice vicentina Mariapia Veladiano che presenterà il suo romanzo “La vita accanto” edito da Einaudi. L’incontro, che sarà introdotto dalla curatrice della nostra rassegna letteraria Patrizia Randi, si concluderà come consuetudine con il brindisi finale offerto a tutti i presenti.

“La vita accanto” (fra i dodici candidati al Premio Strega) segna l’esordio di Mariapia Veladiano, un’autrice alla sua prima pubblicazione che ha la maturità di una scrittrice con alle spalle una carriera affermata e una sicurezza ormai acquisita. Il tema incuriosisce e induce a darle fiducia fin dalle prime battute: la storia di una bambina, Rebecca, che a differenza delle sue coetanee, soprattutto nei romanzi dolci e belle quasi per antonomasia, è brutta. Veramente brutta. Non riusciamo nemmeno a immaginare quanto e “come” sia brutta. Tanto brutta che lei stessa dice: Mia madre si è messa a lutto quando sono nata, la sua femminilità si è seccata crudele e veloce come il ricino di Giona, tutto in un momento. E ancora: Io sono brutta. Proprio brutta. Non sono storpia, per cui non faccio nemmeno pietà.
Fa tenerezza Rebecca, appare fragile e bisognosa di appigli in una vita tormentata dal suo aspetto che allontana e respinge perfino una madre. Madre che è un personaggio centrale del romanzo, articolato e intenso, colei che dovrebbe amare incondizionatamente e proteggere e che invece non riesce ad amare nemmeno se stessa. Fra le ancore di salvezza, la prima è la tata Maddalena (l’immagine della piccola che le stringe la mano in un momento di difficoltà è emblematica del ruolo pacificatore e protettivo); lei, scudo e protezione contro il mondo che sferra i suoi colpi senza avere pietà di una bambina; la sua unica amica Lucilla, balbuziente, cicciottella e pettegola che supera ogni pregiudizio e le si lega indissolubilmente; la maestra Albertina, maestra vecchio stampo che difende i suoi alunni più deboli dagli attacchi di genitori cattivi e pieni di inutile astio. Rebecca in realtà è forte, determinata, sempre alla ricerca di una ragione nell’assurdità della vita che le scorre accanto; e il romanzo acquista, attraverso le conquiste della bambina, un aspetto solare e ottimistico, che alleggerisce il tema e lo spirito di fondo.
Mariapia Veladiano vive a Vicenza, è laureata in lettere e teologia e collabora con ‘Il Regno’, rivista conciliare che mantiene un dialogo ecumenico con ogni cultura e religione. Insegna italiano e storia in un istituto professionale frequentato soprattutto da ragazze. La vita accanto, premio Calvino aprile 2010, è il suo primo romanzo pubblicato.


«Eccezione luminosa, in tanto frastuono di tetro splendore femminile, una bambina brutta, molto brutta, quasi deforme, esiste; è portatrice di una diversa, invisibile, profonda bellezza, ed è una invenzione letteraria, la protagonista di La vita accanto, il bel romanzo d'esordio, Premio Calvino 2010, di Mariapia Veladiano».
Natalia Aspesi, la Repubblica


«Un libro che sorprende per il piglio della narrazione e per la lingua raffinatissima».
Valeria Parrella, Grazia

«Il romanzo brilla per uno stile elegante, capace di precipitare il lettore in una storia al tempo stesso surreale e plausibile».
Lara Crinò, il venerdì di Repubblica

«Questa è un'opera matura, sapiente, memorabile per la sagacia che ostenta nel trovare uno sbocco coerente a tante biografie intrecciate, e per l'altezza che attinge nel narrare la catastrofe, la tragedia e il miracolo.
Ma il libro non è la storia di una donna brutta che diventa bella. Bensì di una donna che, dal mondo dove tutti, compresa lei, la sentono come brutta, si costruisce un mondo su misura, dove tutto viene ricalibrato. Perfino la coppia. Perfino la maternità».
Ferdinando Camon, ttL

La serata con FRANCO GABICI

Ecco le immagini della serata con Franco Gabici che ieri sera nella Sala Conferenze dell’Hotel Ala d’Oro con il suo libro “Un prete e un cane in paradiso” dedicato alla figura di Don Fuschini ed edito da Marsilio, ha inaugurato la stagione 2012 del Caffè Letterario di Lugo. Sul palco ad accompagnare lo scrittore ravennate in questa piacevole serata c’erano il curatore della nostra rassegna letteraria Marco Sangiorgi e quel personaggio ormai leggendario in campo culturale che è Walter Della Monica, fondatore e responsabile del Centro relazioni culturali di Ravenna e ideatore  e “regista” di alcune tra le più importanti iniziative legate alla letteratura e al giornalismo che tuttora si svolgono a Ravenna.  E di letteratura si è parlato nel corso della serata, partendo dalla bella biografia di Don Fuschini che Gabici ha scritto, sottolineando soprattutto il ruolo di grande scrittore che il sacerdote di San Biagio ha rivestito, tanto da farlo considerare, allora, da Giuseppe Prezzolini il più grande scrittore cattolico vivente.
   





domenica 15 gennaio 2012

Mercoledì 18 gennaio - FRANCO GABICI a Caffè Letterario

Ricominciano dopo la pausa natalizia le serate del Caffè Letterario di Lugo. Mercoledì 18 gennaio, alle ore 21.00 nella sala conferenze dell’Hotel Ala d’Oro, lo scrittore ravennate Franco Gabici presenterà il suo libro “Un prete e un cane in Paradiso” dedicato alla figura di Don Fuschini, edito da Marsilio. A introdurre la serata saranno Walter Della Monica, responsabile del Centro Relazioni culturali di Ravenna e Anna de Lutiis.
Al termine dell’incontro, come consuetudine, brindisi con i vini in degustazione per tutti i presenti.
Giuseppe Prezzolini definì Fuschini il più grande scrittore cattolico vivente. Nei suoi libri e nei suoi numerosi elzeviri ha raccontato spesso di una Romagna aspra, sanguigna, di forti contrapposizioni che adesso non ci sono più. Fra lui e i ravennati era nata un amicizia profonda, basata sulla stima e sul rispetto reciproco.
Con un'avvincente e piacevole scrittura, il racconto di Franco Gàbici prende l'avvio dall'infanzia di Francesco nelle valli del comacchiese fino al suo ingresso nel Seminario di Ravenna dove, nelle pause dello studio, commise i primi "peccati di penna". La biografia del "prete scrittore" prosegue con la prima esperienza pastorale e le successive difficoltà e disagi, personali e familiari, in un dopoguerra e in una parrocchia estremamente politicizzata e che oggi lo venera quasi fosse il suo patrono. Al centro di questa lunga e straordinaria storia, che dal dopoguerra si dipana, attraverso gli anni non facili del Concilio e del Sessantotto, fino ai nostri giorni, troviamo un Fuschini con tutta la sua modestia e timidezza, la sua contagiosa simpatia, le sue amicizie letterarie e il grande amore che lo ha lungamente legato al suo fedelissimo cane, "il fratello Pirro".
Franco Gàbici (1943), giornalista pubblicista, collabora ai quotidiani "Avvenire" e "Il Resto del Carlino". È autore di una trentina di libri di storia locale fra i quali Quella strada per Marina (1991), Ravenna: cento anni di cinema (1995), Sulle rime del don (1996), Giacomo Leopardi turista per caso (1998), Cercar Maria per Ravenna (2004). Ha pubblicato anche Didattica con il planetario (1990), Gadda, il dolore della cognizione (2002), Astronomia e letteratura in Leopardi e Pascoli (2005) e Scienziati di Romagna (2006). È direttore responsabile della rivista "Gnomonica" e redattore del settimanale diocesano "Risveglio 2000". Appassionato di musica leggera degli anni Cinquanta, ha pubblicato Il disco e la sua copertina (1988), Buon compleanno, Only you (2005) e Una canzone al giorno (2007). Nel 2007 gli è stato conferito il Premio Guidarello per il giornalismo d'autore. Laureato in fisica, è stato direttore del Planetario di Ravenna dal 1985 al 2008.


  

domenica 8 gennaio 2012

Il calendario di gennaio 2012

Caffè Letterario riapre i battenti dopo la pausa natalizia con cinque appuntamenti programmati in questo mese di gennaio. Si comincia mercoledì 18 con il bel libro che lo scrittore ravennate Franco Gabici a dedicato a Don Fuschini. Venerdì 20 sarà la volta della scrittrice vicentina Mariapia Veladiano con il suo romanzo “La vita accanto” vincitore del premio “Calvino 2010”. A seguire, mercoledì 25, serata dedicata al fumetto con Stefano Babini, quindi il giorno seguente tornano con Francesca Serragnoli le letture poetiche alla Sala Baracca e per finire lunedì 31 serata conviviale con le divertenti “Letture al buio” dedicate al grande cinema di tutti i tempi.
Ecco il programma in dettaglio:


Mercoledì 18 gennaio, ore 21.00
Sala Conferenze Hotel Ala d'Oro
FRANCO GABICI
“Un prete e un cane in Paradiso”
(Venezia, Marsilio, 2011)
Introducono Walter Della Monica e
Anna De Lutiis
Sarà presente l’autore

Don Fuschini, uno degli scrittori più amati della Romagna, riacquista in queste pagine la sua vitalità e simpatia grazie a Franco Gabici che lo racconta con uno stile deliziosamente semplice ma ricco, sempre pronto a scendere nel dettaglio, a ricreare non solo la spigolosa personalità del protagonista ma allo stesso tempo dipingere con delle pennellate incisive e piene di sfumature i vari paesaggi che hanno accompagnato la sua vita.



Venerdì 20 gennaio, ore 21.00
Sala Conferenze Hotel Ala d'Oro
MARIAPIA VELADIANO
“La vita accanto”
 (Torino, Einaudi, 2010)
Introduce Patrizia Randi

La storia di una donna abituata a «esistere sempre in punta di piedi, sul ciglio estremo del mondo».
Con la leggerezza e la ferocia di una favola, Mariapia Veladiano racconta la crudeltà della natura, la fragilità che può diventare odio, la potenza della passione e del talento.



Mercoledì 25 gennaio, ore 21.00
Sala Conferenze Hotel Ala d'Oro
STEFANO BABINI
“Cielo di fuoco”
(Rimini, Dada Editore, 2011)
Introduce Egisto Quinti Seriacopi
Sarà presente l’autore

Serata dedicata al fumetto con il lughese Stefano Babini. Guardando queste pagine, come non ricordare il periodo d’oro del fumetto americano, dagli anni ‘30 in poi, dove i protagonisti delle storie disegnate sono, guarda caso, quasi tutti piloti d’aviazione?



Giovedì 26 gennaio, ore 21.00
Sala Baracca – Rocca Estense
“I poeti dei poeti”
FRANCESCA  SERRAGNOLI  legge…
Ted Hughes, Adelia Prado, Philip Levine

I giovedì de “I poeti dei poeti” continuano nella magnifica cornice della Sala Baracca nella Rocca Estense di Lugo con la poetessa bolognese Francesca Serragnoli a declamare i versi di Ted Hughes, Adelia Prado, Philip Levine.



Lunedì 30 gennaio, ore 20.30
Sala Conferenze Hotel Ala d'Oro
Serata Conviviale
Letture al buio
“Cinema, Cinema, Cinema..”
Il piacere di leggere ad alta voce
€. 20,00 per persona bevande incluse
Prenotazione obbligatoria

Proseguono nel ristorante dell'Hotel Ala d' Oro le “Letture al buio”, divertenti occasioni conviviali in cui i partecipanti saranno invitati a leggere, in coppia con un lettore sorteggiato fra i presenti, un brano tratto dalla sceneggiatura di un film più o meno famoso. Il gioco starà nel capire di quale film si tratti e nel rivedere poi il brano originale sul grande schermo della sala. I premi saranno ovviamente libri.

sabato 7 gennaio 2012

"Senza più loro" di VITTORIO FERORELLI

Lo scrittore e giornalista Vittorio Ferorelli è stato ospite di Caffè Letterario il 18 maggio scorso per presentare il libro "Una parola dopo l'altra" edito da Bononia University Press. Vittorio Ferorelli  collabora dal 1997 con IBC, la rivista dell'Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, di cui ora è caporedattore. Questo racconto è stato pubblicato sulla rivista “Pollicino Gnus”, n. 200, dicembre 2011, www.pollicinognus.it 


Quando tutto cominciò, sembrava un giorno normale. Grigio e prevedibile come tutti gli altri giorni che, da molto tempo, qualche oscuro dio mandava sulla terra. Il nuovo millennio era appena all'inizio, ma sembrava che la ruota del mondo girasse sempre più lenta. Non si faceva altro che parlare di monete e di mercati. Come se i problemi fossero soltanto quelli. E invece la fine stava per avere inizio là dove nessuno lo avrebbe immaginato.
"Che il cielo se le prenda tutte!" ringhiò il vecchio che non aveva più i suoi denti.
Da quando era rimasto del tutto solo, era diventato duro come una pietra. Non che fosse mai stato tenero, il vecchio. Aveva passato la vita a scavare nella miniera. Lo chiamavano Bocca di Argento. Ogni volta che perdeva un dente faceva fondere una briciola dell'enorme mole di metallo che aveva accumulato e se lo faceva rimettere nuovo.
"Che l'inferno se le prenda e non ne rimanga neanche una!".
Ce l’aveva con tutte le donne che abitavano il pianeta, ma con una in particolare. Era l’unica che aveva il coraggio di entrare in casa sua per sfidare le sue mille ire immotivate. Testa di Extravergine. Così la chiamavano da quelle parti. Un po’ perché non aveva mai conosciuto il corpo di un uomo. Un po’ perché la sua testa era sempre unta, come un pennello tenuto a bagno nell’olio di oliva.
“Al diavolo tutte quante! Che siano cancellate dalla faccia della terra!”.
Non si seppe mai con precisione cosa avesse combinato, di tanto grave, quella donna. Fatto sta che, in quello stesso istante, qualche oscuro dio era in ascolto, e prese alla lettera le suppliche del vecchio dalla bocca di metallo.
In un solo momento, ogni donna che viveva sulla terra sparì dalla vista. Ogni donna. Che fosse appena nata o in fin di vita. Bionda, rossa o mora. Ciarliera o taciturna. Pelle e ossa o rotonda di fianchi. Non ne rimase più neanche una.
La prima sera senza donne trascorse nello stupore generale. Gli uomini sposati da molti anni dovettero restare quasi tutti a digiuno, perché in pochi si ricordavano come si cucina. Mentre quelli che abitavano da soli, quasi quasi, non si accorsero della differenza. Gli innamorati, invece, capirono fin da subito che cosa avevano perduto: li si poteva riconoscere facilmente dallo sguardo desolato con cui si aggiravano per i paesi in cerca del loro bene. Ma il giorno dopo, quando ogni uomo si svegliò, per tutti fu chiaro che il mondo non era più quello di prima. L’urlo dei lattanti svegliò i padri dal sonno leggero che li aveva colti in un letto mai stato così scomodo. I bambini delle scuole, dopo avere festeggiato per un po’ l’assenza totale di maestre e compagne di banco, si guardarono tra loro in silenzio, senza sapere più cosa fare. Gli uomini che si recavano al lavoro come ogni altro giorno, senza più la speranza segreta di incrociare lo sguardo acceso di una bella donna, tennero gli occhi bassi tutto il tempo per evitare gli sguardi spenti degli altri maschi.  Non tutti, però, erano tristi. Non lo erano un granché i ministri di quei culti antichi che si ostinano a tenere le donne lontane dall’altare, per timore di dividere a metà il loro piccolo potere. Non lo erano, più di tutti, il vecchio senza denti e quelli come lui, per i quali la vita era una gara da correre da soli oppure una pena da scontare senza essere distratti dalla propria sofferenza.  Con il passare del tempo, tuttavia, anche chi all’inizio non spese neanche una lacrima per la dipartita delle donne, si accorse che qualche cosa gli mancava. Soprattutto quelli che per andare avanti avevano bisogno di un nemico, capirono che così non andava più bene e, anche se a parole non lo ammettevano, si univano al desiderio generale che le scomparse in qualche modo ritornassero.  “Facciamo un convegno internazionale! Raduniamo gli esperti!”, propose un gruppo di scienziati autorevoli. Uno di loro aveva fatto un’ipotesi: non erano le donne a essere sparite nel nulla, erano gli uomini ad avere perso la capacità di vederle. Gli esperti si riunirono, parlarono a lungo tra loro con parole difficili, misero a punto occhiali speciali, e persino telescopi stellari, ma nessuno dei tentativi di recuperare la vista indebolita ebbe successo.  “Tutto sbagliato!”, dissero allora i sacerdoti. “Non sono gli occhi degli uomini a essere fallaci, ma le anime delle donne”. E al suono di campane e inni sacri si misero alla testa di una processione lunghissima, che percorse città e campagne, e ogni volta che raggiungeva un posto abitato ripeteva più volte la stessa preghiera: “Orsù, devote compagne, qui da noi ritornate! In cambio riceverete il perdono che meritate!”.  Persino i politici, una volta tanto, si diedero da fare. Qualcuno disse che le donne si erano stufate di non essere più considerate alla pari degli uomini: “Signori onorevoli, evidentemente siamo di fronte a una forma di sciopero estremo. Concediamo loro quello che vogliono e vedrete che torneranno a più miti consigli”. Si mise ai voti una nuova legge, e poi fu firmato un decreto. Anche l’immancabile regolamento fu approvato all’unanimità. Ma tutto fu inutile. Le donne non tornavano.
Tutto era perso, oramai, e molti già pensavano al momento in cui la stirpe degli umani sarebbe stata costretta a spegnersi come un fuoco che rimane senz’aria. Quando nella piazza di un paese lontano si fece avanti un ragazzo dalla voce sottile. Sulle prime nessuno intese bene le sue parole. Il ragazzo era piccolo di statura e dovettero issarlo a forza di braccia sul monumento principale della città, intorno a cui si era radunata la folla dei maschi sconsolati.
“Datemi una barca a vela e il cibo che basta per un giorno” disse il ragazzo. “Se riesco a ritrovarle, mi vedrete tornare e sarà una gran festa. Se invece non dovessi farcela, non perdete tempo a cercarmi, perché in un mondo così triste non ci voglio restare”. Gli abitanti di quella città di mare si consultarono tra loro e decisero che tanto valeva provarci: le barche non mancavano e un uomo vivo in più o in meno non faceva poi una gran differenza. Quando la vela gonfiata dal vento scomparve sulla linea dell’orizzonte se ne tornarono nelle loro case senza troppa speranza di rivederla.
Dopo un giorno e una notte di navigazione, la piccola barca si trovò in mare aperto. Il sole non era ancora sorto. Il mare era calmo. La brezza andava calando. Il ragazzo ammainò la vela e si alzò nel silenzio perfetto che di solito precede l’alba. Sorrise. Contava proprio su quel silenzio. Respirò profondamente, chiudendo gli occhi. E cominciò a cantare.
Quando rimase senza fiato, il ragazzo si tuffò dentro al mare ancora scuro di notte. Andò giù, sempre più a fondo nell’acqua fredda, fino a che i polmoni gli ressero nel petto. E quando anche il più piccolo soffio d’aria fu finito, si lasciò andare, in attesa che arrivasse la Morte Nera. Se qualcuno lo avesse visto in quel momento, non avrebbe creduto ai suoi occhi. Sembrava un pesce che, a occhi chiusi e col sorriso sulla bocca, aspetta di essere catturato dall’amo del pescatore.
Nessuno seppe mai le parole di quella canzone, e neanche la melodia che le teneva insieme. Ma qualsiasi cosa fosse, la Morte Nera (che è pur sempre una donna) ne rimase colpita. Desiderò sentirla ancora una volta. Così prese il ragazzo-pesce tra le braccia e lo  riportò sulla faccia del mare, che ora veniva illuminata dal sole del mattino.
Quando il ragazzo aprì gli occhi fu come se nascesse di nuovo dal ventre di sua madre. Si guardò intorno e, invece di ritrovare la barca che aveva lasciato, vide davanti a sè un’isola. Nuotò e nuotò, e, quando arrivò finalmente a riva, crollò dalla stanchezza.
La seconda volta che volle aprire gli occhi si accorse che erano pieni di lacrime. Aveva sognato di essere circondato da donne di ogni età, che lo guardavano, lo curavano e lo rifocillavano dopo la lunga fame. Quando le lacrime caddero e finalmente potè vedere davvero, il ragazzo si accorse che non aveva sognato.
Il giorno dopo, la città di mare da cui era partita la barchetta fu svegliata da un gran schioccare di vele. Una flotta di grandi navi gremite di donne, ragazze e bambine si apprestava a sbarcare nel porto. Nonostante la stazza e il pieno carico, le imbarcazioni timonate da mani femminili manovravano alla perfezione. Una gioia mai provata fece urlare tutti gli uomini in attesa sulla banchina. Eppure, guardando quella scena, a qualcuno scappò un pensiero: “Però! Chi lo avrebbe immaginato che sapessero governare così bene?”.   

giovedì 5 gennaio 2012

"La qualità dell'offerta culturale" di ANTONIO CASTRONUOVO

Viviamo in un territorio la cui offerta culturale è decisamente ampia. Certo, le politiche culturali devono fare i conti con i tagli economici, ma – anche grazie alla collaborazione dei privati – non possiamo lamentarci. C’è insomma molto, e ce n’è per tutti i gusti. Se solo pensiamo ai due principali centri del territorio – Imola e Lugo – è facile constatare che esistono numerose istituzioni “al lavoro”, al fine di assicurare alla cittadinanza un’offerta eterogenea. Qui a Imola esiste un Assessorato alla Cultura la cui attività è intensa, anche brillante: non esito a dire, soprattutto a chi emette giudizi critici su questo istituto, “ce ne fossero” di assessorati così vivaci. C’è poi un ventaglio di istituzioni (il Teatro, la Biblioteca, la Pinacoteca, Università Aperta) e di società più o meno private (come quelle molto attive di ambito melico, come il Circolo della Musica, L’Emilia-Romagna Festival o l’Accademia Pianistica; ma anche sodalizi di interesse letterario o cinematografico) che fanno la loro parte per collocare Imola tra le città italiane più attive nel creare occasioni di fruizione culturale. Per parte sua, Lugo vede due centri principali di cultura: il Teatro Rossini e la Biblioteca Trisi.
In ambedue le città, le stagioni di prosa e quelle musicali hanno un andamento assai positivo e continuano a fare il pieno di abbonati. Non credo di sbagliare se annoto che a Imola la stagione di prosa è talmente gradita da obbligare a un numero alto di repliche per ogni spettacolo: non credo che accada in molte altre città italiane. Le biblioteche di Imola e Lugo aumentano di anno in anno il numero dei prestiti, toccando quantità elevate, e non solo: si fanno promotrici di eventi (come le presentazioni di libri) assai seguiti. A Lugo è da alcuni anni sorto un “Caffè Letterario” che, grazie alla collaborazione con un privato (l’Ala d’Oro), organizza una serie invidiabile di appuntamenti con grandi autori, un esperimento consolidato che ad esempio a Imola ancora manca, e che fa di Lugo una cittadina all’avanguardia nel campo dell’offerta “letteraria”.
Dunque le politiche culturali, tra Imola e Lugo, sono certamente vivaci, anche se tra i cittadini c’è chi ritiene che si faccia poco o semmai vorrebbe iniziative anche diverse ma, come capita in ogni grande famiglia, c’è sempre il singolo scontento. Io credo, in generale, che l’offerta culturale del territorio riesca a mantenere aspetti di varietà e piacevolezza da non sottovalutare. In generale questa offerta riesce a rendere partecipe il fruitore di buone, anche ottime esperienze conoscitive, e ciò ottempera al compito primario della politica culturale: fondare la forma “accettabile” della qualità della vita, in considerazione del fatto che la cultura è un momento indispensabile per il singolo. Non basta, anche riguardo al fatto che ogni espressione culturale contiene in sé una matrice civile, perché la cultura gode della capacità di scuotere chi ne fruisce, e assurge così a momento di maturazione civile del cittadino.
Ed è su questo punto che semmai può esercitarsi l’idea di ognuno di noi. Se la cultura è un momento di maturazione civile, è chiaro che le politiche culturali non devono mai perdere di vista quel fine costruttivo: ed è proprio su come dovrebbe girare il cardine dell’intero meccanismo che le visioni si discostano di qualche metro. E qui allora mi permetto di esprimere la mia personale, e perciò opinabile idea.
Le politiche culturali si sono un po’ adagiate sulla concezione globalizzata della cultura come spettacolo. Questo rischia secondo me di “abbassare” la cultura perché (uso una bella frase di Camus) «tutto ciò che degrada la cultura abbrevia il tragitto che porta all’asservimento». È una cosa che tutti sappiamo, e da sempre. Su questo punto va dunque fatta molta attenzione: ci lamentiamo spesso dell’attuale banalizzazione “globale”, tentiamo allora di non piegarci del tutto ai suoi dettami e teniamo sempre in vista l’inderogabile necessità di non degradare la cultura, se davvero non vogliamo creare dei cittadini “asserviti”.
Torna dunque alla ribalta qualcosa che abbiamo in passato colpevolmente denigrato: la qualità dell’offerta. Solo la qualità può trasformarsi in corretta educazione civile. Il mio invito a chiunque abbia il compito di decidere le politiche culturali è di non escludere mai la qualità dal proprio orizzonte. Non è vero che la qualità è “elitaria”: se anche reclama dallo spettatore lo “sforzo critico”, essa contiene in sé il germe della crescita e della gratificazione. Quel che noto è una tensione già in atto di “ritorno” verso la solidità dell’offerta culturale. E ciò non può che farmi piacere.
Antonio Castronuovo