A seguito dell'incontro con Gian Ruggero Manzoni di venerdì 22 ottobre che ha presentato la sua traduzione dell'Esodo biblico edita da Raffaelli Editore.
Riporto testualmente alcuni estratti di conferenze e seminari di un noto biblista americano il prof. Art Levitt, professore di Semantica del linguaggio biblico alla Columbia University, N.Y.C. pubblicati sul New Yorker il 21 luglio 1969. Devo avvertire che alcune parti dello scritto non sono chiare, le conferenze sono in ebraico, ci sono vuoti di traduzione e certi errori sono dovuti sicuramente agli interpreti e alle segretarie. La serie delle conferenze, circa settanta, sono state accorpate in un secondo momento, e di queste sono circolate in rete degli estratti, alcuni controllati e altri meno attendibili. In ogni caso fin dalle prime traduzioni sono emersi problemi contigenti e diatribe linguistiche epocali tra traduttori. Per molti anni il fattore dirimente è sempre stato il professor Levitt che ha sempre mostrato una piena disponibilità a chiarire il suo pensiero, specie i picchi di oscurità semantica legati all'uso di verbi e complementi del discorso, tuttavia non sono mai mancate tensioni e vere e proprie intifade con lanci di dizionari tra studiosi. Il caos vero e proprio però è scoppiato quando il professor Levitt nel novembre 1989, a Berlino, in occasione della caduta del muro, subì un attentato per mano di un ebreo ortodosso che non condivideva certe traduzioni dell'Esodo. Lo colpì con un mattone sulla fronte definendolo Giuda e, da allora, il professore vive in un silenzio totale interrotto di tanto in tanto da un balbettio incomprensibile che i suoi allievi traducono nei modi più spuri pompando polemiche infinite e risse inqualificabili con feriti anche gravi.
Le polemiche intorno alle traduzioni del pensiero del professore crebbero senza trovare un argine, in quanto il gruppo di allievi più intimi litigava su tutte le chiose e inoltre non erano riconosciuti da altri traduttori come i depositari del pensiero del professor Levitt. Solo dopo 22 anni di litigi interni un gran sinedrio di saggi con sede a Gerusalemme, dopo acutissime riflessioni, stabilì una volta per tutte che ognuno poteva dire quello che voleva circa il pensiero del loro confratello in quanto tutte le cose che riguardano Dio sono un po' complicate. A parte l'oscurità di certi passaggi poetici spero che apprezzerete, come l'ho apprezzato io, il suo stile colloquiale e la limpidezza del linguaggio. Il titolo di quanto porto alla vostra attenzione, forse non attribuibile al professore ma a un suo allievo, è: “Zu...zu...zut Mosè il balbuziente”, ed è un estratto di alcuni riassunti delle prime traduzioni.
Da notare che la caratteristica principale del professor Levitt, era quella di prendere il discorso da molto lontano, con argomenti che, apparentemente, non c'entravano nulla con il tema. Un esempio a proposito di sacre scritture. Dice Levitt: “ …non prendetemi sul serio ma mi sono sempre chiesto come mai il libro del mio amico W. Benjamin, “l'Arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica “, testo su cui molti studenti hanno sudato senza capirci granché, so che molti dopo averlo letto sono andati in India a cercare non si sa bene cosa; avesse avuto una simile fortuna presso i sociologi e i filosofi, e pensandoci bene credo di poter dire che è un libro che ha aperto una crisi nella storia dell'arte da cui il magma è uscito invadendo le nostre povere nicchie di sapere...” e poi: “... non credo sia un caso se la pubblicazione di estratti di certe mie divagazioni su temi sacri avvengano oggi, all'indomani dello sbarco sulla Luna, il nostro satellite è stato conquistato, ed è come se avessimo piantato uno spillo nell'alluce di Dio...e un giorno forse, ma solo se saremo stati giusti e timorati, potremo vedere la veste di luce del creatore ma non il suo volto, di certo...” qui manca un paragrafo intero... poi prosegue: “...che ne è dei profeti? Che ne è di Dio? Se non ci sono più profeti chi indicherà la via per la salvezza? E chi punirà i nostri nemici?...a volte mi chiedo che fine ha fatto Dio. Che ne è di Dio nell'epoca della riproducibilità farmacologica delle percezioni?
Quando le visioni sono riproducibili a buonmercato ingerendo una pasticca o con una iniezione ogni fesso può spacciare la sua percezione e trovare un mucchio di gente che gli paga l'affitto, e le macchine e i buoni ristoranti, ed è così che si propagano esattamente i deliri, mi chiedo cosa si possa fare per...”. Dopo il vile attentato di Berlino, il professore subì un comprensibile arresto della sua produzione letteraria ma non il suo pensiero: un groviglio di elettrodi registravano graficamente l'attività cerebrale del professore con aghi sensibili come quelli dei sismografi su lunghi rotoli di carta millimetrata che venivano archiviati e chiosati come fossero commenti biblici di natura esoterica.Di fatto le ultime sibilline parole del professore prima di spirare nel 1999 all'età di 77 anni e 11 giorni, furono queste:
“ no...n son...o mai st..a...to sicuro di nulla però ho misurato il tempo con orologi senza lancette e lo spazio a piccoli passi con righelli non graduati...spero di incontrare Kafka...”
Così si congedò il professor Levitt. Una interpretazione new age del suo pensiero sottolinea che egli ha gettato un robusto ponte con gli stati di allucinazione dovuti a potenti farmaci sintetici e le letture esoteriche delle scritture, in altri termini ha aperto un varco dentro al quale l'unico che possa sbirciare questi ultimi lapilli di un pensiero magico, può essere solo Timothy Leary* ma non siamo ancora pronti per un contatto con il guru dell'Lsd per riceverne gli insegnamenti, però a Dio piacendo le cose potrebbero cambiare. Ce lo auguriamo.
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