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martedì 10 dicembre 2019

"A Lugo, il piacere della scoperta" di Alessandro Mainardi (blogger)


Vi ricordate di Oodi, la biblioteca di Helsinky? Dai, fate almeno finta, ve ne ho parlato poco tempo fa [vedi articolo: Crescita e diseguaglianze, tre riflessioni]! 
Dentro ci sono 100.000 mila libri, 9 alberi e tutto è fatto in modo che chiunque passi lì davanti sia invogliato ad entrare. Il solito welfare nordico, avrete pensato. L’ho pensato anche io quando davanti alle sue foto mi sono sentito come da bambino davanti alle vetrine di Lanfranchi (per i pochissimi che non lo sapessero, è la miglior pasticceria del mondo). Beh, ho una notizia per voi: a Lugo di Romagna c’è una biblioteca più grande e più bella di Oodi. E una volta fuori non sarete costretti a mangiare la carne di renna, ma i cappelletti in brodo. Lugo è una piazza fatta paese. Anzi, sono quattro piazze così metafisiche che sembrano disegnate da De Chirico. In quella più grande c’è un’ala di aereo piantata nel granito e dietro quella più bella una biblioteca di 240mila volumi aperta tutti i giorni dalle 9 alle 19. Orario continuato. La deliziosa bibliotecaria vi sorride e vi ringrazia sempre, che chiediate Kant o l’ultimo numero di Cucito e Ricamo. Parlo a ragion veduta, ho chiesto entrambi.

Non basta. Lugo ospita un caffè letterario da far invidia a Clara Maffei, se fosse ancora viva. Sarà il vento che viene dall’Adriatico e che fa crescere i pini marittimi in mezzo alla pianura a far crescere anche le idee. A Lugo ci si capita, come è successo a me. Difficile che qualcuno ci venga apposta. E questo dona il piacere della scoperta, dell’inatteso, della meraviglia. Il viaggiatore capisce subito di essere capitato nel posto che non si aspetta appena entra nell’unico albergo di Lugo e scopre che ogni stanza ha il nome di uno scrittore e ospita all’interno i suoi libri. Scendendo per la cena – a base di cappelletti e mortadella ça va sans dire – attraversa un corridoio dove sulla parete è dipinto un pensiero di Leopardi (Pensieri, XX). Che dice così:

“Parlo del vizio di leggere o di recitare ad altri i componimenti propri: il quale, essendo antichissimo, pure nei secoli addietro fu una miseria tollerabile, perché rara; ma oggi, che il comporre è di tutti, e che la cosa più difficile è trovare uno che non sia autore, è divenuto un flagello, una calamità pubblica, e una nuova tribolazione della vita umana.” (Pensieri XX) 
Non so perché ma mi sono ritrovato in queste parole ed ho pensato a quando, entrando in libreria, vedo sullo scaffale delle novità venti copie dell’ultima strenna di Fabio Volo. Che nella biblioteca di Lugo non c’è. Parlo a ragion veduta.

di Alessandro Mainardi
https://www.alessandromainardi.it/blog/


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