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Sala conferenze - Hotel Ala d'Oro

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mercoledì 5 dicembre 2007

Una serata dedicata a GIORGIO MANGANELLI

“Dedicato a Giorgio Manganelli” questo il titolo della serata di venerdì prossimo 7 dicembre alle ore 21,00 nella sala conferenze dell’Hotel Ala d’Oro. Un evento straordinario dedicato appunto a Giorgio Manganelli, riconosciuto ormai da tutti come uno dei più grandi scrittori italiani del novecento. Sul palco insieme a Marco Sangiorgi siederà la figlia dello scrittore milanese Lietta Manganelli, che ha conosciuto il padre solo all’età di 17 anni, ma che da allora creò con lui un sodalizio e un amicizia che andavano al di là del fatto che si trattasse di padre e figlia. Le letture, tratte da “Centuria” , forse uno dei suoi lavori più noti, saranno affidate alla straordinaria voce di John De Leo accompagnata dalla musica di Franco Ranieri. Sarà inoltre proiettato un raro documento filmato in cui Manganelli tiene un’intervista impossibile con il “Mangiafuoco” collodiano interpretato da Vittorio Gassman. Una serata da non perdere dunque, che sarà sugellata con un brindisi finale affidato ai vini della cantina siciliana Poggio Graffetta di Contrada Graffetta in provincia di Ragusa. Nato a Milano nel 1922, quello di Giorgio Manganelli, scomparso a Roma nel 1990, fu come un «ricatto dalle parole», come egli stesso lo definì in Laboriose inezie (1986), un’immersione completa nella letteratura, un mondo di segni costruito come un gioco geometrico di ripetizioni. Un entretien erudito, un io autobiografico mentre si costruisce e distrugge nelle combinazioni. Quasi a scrivere sempre lo stesso libro, fin dal 1964, anno in cui uscì nella collana I narratori di Feltrinelli la sua prima opera, Hilarotragoedia. Libro e non romanzo, “trattatello” e non storia, come era nello spirito delle tesi del Gruppo 63 a cui Manganelli partecipò, dove il romanzo provocava “ripugnanza” e “fastidio”. Cos'è dunque questa prima opera che segnò l’esordio letterario di un uomo di 40 anni? In qualche modo un’autobiografia, un viaggio negli inferi per la «natura discenditiva» dell’uomo, per l’eredità «sciamanica» della letteratura che ha a che fare con gli spiriti, con l’Ade — «Dall’infima cima sporgiti, abbandónati al tuo precipizio. Sii fedele alla tua discesa, homo. Amico». Da un’origine sicuramente psicologica, il materiale di quest’opera risale agli anni milanesi dal 1947 al 1949, anni in cui Manganelli, come Alda Merini, conobbe la “tragedia” della malattia mentale e della follia. Romano di adozione fin dal 1953, Manganelli divenne recensore e critico collaborando per questo con numerosi giornali e riviste di quegli anni. Fu traduttore su suggerimento e proposta di Italo Calvino in particolare di Edgar Allan Poe. Lo stesso Calvino accolse con entusiasmo anche l’opera successiva, “Agli dei ulteriori” (1972), comprendente racconti inediti quali Un re, Simulazioni, Alcune ipotesi sulle mie precedenti reincarnazioni, Dal disonore, Un amore impossibile, oltre al Discorso sulla difficoltà di comunicare coi morti. Se i morti non parlano, se custodiscono il «Silenzio», la «Distanza», la «Desolazione», come, se non parlando con «le astuzie del niente, oseremo introdurci in quel tibet del non essere?». Manganelli infatti fu sempre angosciato dal nulla, rendendolo talmente pieno, colto, abitato in maniera ludica, da rendere letteratura il mondo intero, dal calcio alla chiesa, al turismo, al traffico, al divorzio, fino addirittura ai traslochi. Articoli apparsi su «Il Giorno» (1972) e su «L’Espresso» (1972-'73) vennero così raccolti nell’opera Lunario dell’orfano sannita (1973), lo sguardo sulla realtà quotidiana di un essere espulso dalla storia che può osservarla e parlarne in modo sarcastico. Si delinea così quella particolare forma di scrittura che fu di Manganelli da sempre: osservazioni pungenti sulla realtà che divengono linguaggio degno di riflessione e pubblicazione. Operazione che Manganelli completò anche quando anni dopo raccolse gli articoli pubblicati per «La Stampa», «Il Corriere della Sera», «Epoca», «L’Espresso», «L’Europeo» e «Il Messaggero», nell’opera dal titolo “Improvvisi per macchina da scrivere” (1989). La quotidianità guardata con interesse metafisico, la polemica e la provocazione originate dalla figura retorica con cui Manganelli guardò sempre alla vita, l’ironia. Uno sguardo dove anche la morte veniva resa ridicola, grottesca, picaresca. La ripetizione, l’allontanamento emotivo dal coinvolgimento. La letteratura salvò veramente Manganelli dalla disperazione. Ma la letteratura salva dall’angoscia quando esorcizza e per esorcizzare occorreva allontanare producendo un effetto di straniamento emozionale. È il caso di Centuria, cento romanzi fiume, apparso per la prima volta nel 1979 e arricchito nelle edizioni successive fino all’ultima di Adelphi, di altre 31 centurie, di cui 20 apparse sul «Caffè» nel 1980, e di 7 racconti inizialmente scartati dallo scrittore. Piccoli romanzi, microstorie, come fossero ancora una volta i corsivi di un giornale. Centuria fu per Manganelli l’occasione per essere conosciuto dal grande pubblico, tanto da valergli il Premio Viareggio. Pubblico anche non solo italiano. Centuria fu infatti il primo dei libri di Manganelli a essere tradotto all’estero e fu Calvino a presentarne con un intervento la versione francese. Ecco le istruzioni di lettura dello stesso Manganelli a quest’opera: «Se mi si consente un suggerimento, il modo ottimo per leggere questo libercolo, ma costoso, sarebbe: acquistare diritto d’uso d’un grattacielo che abbia il medesimo numero di piani delle righe del testo da leggere; a ciascun piano collocare un lettore con il libro in mano; a ciascun lettore si dia una riga; ad un segnale, il Lettore Supremo comincerà a precipitare dal sommo dell’edificio, e man mano che transiterà di fronte alle finestre, il lettore di ciascun piano leggerà la riga destinatagli, a voce forte e chiara. È necessario che il numero dei piani corrisponda a quello delle righe, e non vi siano equivoci tra ammezzato e primo piano, che potrebbero causare un imbarazzante silenzio prima dello schianto. Bene anche leggerlo nelle tenebre esteriori, meglio se allo zero assoluto, in smarrito abitacolo spaziale» . La nuova idea della letteratura per Manganelli, ma anche per Celati, fu espressa in un contributo che lo stesso Manganelli fornì al volume collettivo del Gruppo 63 dal titolo Il romanzo: «corrotto dalla serietà propria e dei critici, ha perso la limpida gioia della menzogna, l’ilare arroganza che sono, a mio avviso, le virtù fondamentali di coloro che attendono a quel perpetuo scandalo che è il lavoro letterario». Insomma, un grande visionario. Un caso ancora inesplorato, perché come dice Angelo Guglielmi nel volume Trent’anni di intolleranza (mia) del 1994, Manganelli «non abbiamo finito di leggerlo». * In generale gli scrittori sono convinti di essere letti da Dio. * Io amo i poveri e soffrirei in un mondo senza poveri. I poveri sono le brioches dell'anima. * Lo scrittore sceglie in primo luogo di essere inutile. * La letteratura, ben lungi dall'esprimere la "totalità dell'uomo", non è espressione, ma provocazione; non è quella splendida figura umana che vorrebbero i moralisti della cultura, ma è ambigua, innaturale, un poco mostruosa. Letteratura è un gesto non solo arbitrario, ma anche vizioso: è sempre un gesto di disubbidienza, peggio, un lazzo, una beffa; e insieme un gesto sacro, dunque antistorico, provocatorio. Manganelli con la figlia Lietta Opere principali: · 1964 Hilarotragedia · 1972 Agli dei ulteriori · 1974 Cina e altri orienti · 1977 Pinocchio: un libro parallelo · 1979 Centuria · 1981 Angosce di stile · 1982 Discorso dell'ombra e dello stemma · 1985 Dall'inferno · 1985 La letteratura come menzogna · 1986 Salons · 1986 Laboriose inezie · 1987 Rumori o voci · 1987 Tutti gli errori · 1989 Antologia privata · 1989 Improvvisi per macchina da scrivere · 1990 Encomio del tiranno · 1992 Esperimento con l'India · 1992 La palude definitica · 1994 Il rumore sottile della prosa · 1996 La notte · 2001 La penombra mentale. Interviste e conversazioni 1965-1990 · 2002, L' infinita trama di Allah. Viaggi nell' Islam 1973-1987

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