Questo libro di Paolo Gagliardi non nasce per caso, ma fa parte di un percorso poetico romagnolo che parte dagli anni ’70 e arriva fino ad oggi, e si riallaccia anche alla tradizione poetica dialettale lughese, cominciata alla fine dell’800 con i modesti sonetti di Carmelo Cantalamessa Carboni, ma continuata negli anni ’20 e ’30 del secolo scorso, con un nome che è senz’altro quello di un poeta tra i più importanti nella poesia romagnola del ’900: Lino Guerra, seguito poi, negli anni ’40 e ’50 dal fratello Enzo. Erano dunque molti anni che non usciva una raccolta di poesie di qualità in dialetto lughese, come questa di Paolo Gagliardi. A me ha fatto molto piacere seguire il lavoro di Gagliardi. Avevo già apprezzato alcune poesie da lui utilizzate per accompagnare le immagini in alcune mostre fotografiche, e quando mi ha sottoposto una serie di testi ho confermato il mio giudizio positivo. Mi sono piaciute soprattutto le poesie più brevi, e ho consigliato all’autore di seguire il criterio dell’essenzialità. Gagliardi ha dunque lavorato molto in questa direzione e ne ha tratto questo libretto, di esigue dimensioni ma di grande intensità.
Giuseppe Bellosi
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