Spogliato delle sue armi, delle belle promesse per una nuova patria, della protezione di sua madre, delle disposizioni del Fato, e spogliato del suo eroismo, Enea oggi sarebbe un migrante, un semplice migrante in fuga, alla ricerca di una nuova patria.
Per i nuovi Enea che partono dai lidi africani diretti verso l'Italia, alla ricerca di un posto dove stabilirsi, proprio come il vecchio Enea, il capostipite di tutti i migranti dell'area mediterranea, non c'è nessuna Didone ad aspettarli. A ricevere questi disperati senza una patria ci sono i centri di accoglienza provvisori, spiazzi cinti da reticolati guardati da cani ringhianti e da mastini con l'elmetto. E meno che mai ci sarà un poeta grande e malinconico, immenso per mitezza e genio che canterà le loro peripezie, le loro vite di pastori e di contadini strappati alla terra da una guerra, o dalla siccità, o da una pestilenza.
E se fra tutti i Teucri ( i Turchi ), ci fosse per caso un Enea più eroico degli altri, allora non avrebbe certo un destino fulgido di gloria; il novello condottiero di una armata sgangherata lo si troverebbe facilmente, in giro per le città congestionate dal traffico, magari fermo a un semaforo con un secchio di acqua saponata, cacciato via da un italico ( un rùtulo? ) con il semplice gesto della mano; oppure lo troveresti in qualche anfratto appartato ai margini di un giardino o di un palazzo con qualche pasticca in mano da vendere a qualche intossicato, oppure lo troveresti su una traballante impalcatura di un cantiere edile abusivo ai margini di una grande città ( Roma ) che a sua insaputa a contribuito a fondare, lo troveresti anche nelle Apulie, nei campi assolati in ginocchio a raccogliere pomodori per pochi centesimi alla cassa, sfruttato da caporali e centurioni greco-romani.
Forse oggi un grande poeta potrebbe raccontare un' Eneide al contrario, un nuovo poema, dove nei primi sei libri si narrano le vicende di un Enea solo e disperato nel cuore di un paese che non lo vuole e che lo sfrutta in ogni modo, e nei successivi sei libri verrebbe narrato il ritorno alla sua terra, non pacificata ma dove ritroverebbe un orto e un pascolo per le pecore, e un altro Virgilio (incarnazione del grande mantovano, per chi crede nella trasmigrazione delle anime) si incaricherebbe di raccontare la sua vita, che di sicuro troverebbe un posto insigne nell'epica contemporanea. Ovviamente, prima o poi, a conferma di un eterno ritorno dell'uguale, la sua terra finirebbe nelle mani di un usurpatore che lo caccerebbe di nuovo dalla sua casa (come successe a Virgilio), e Enea prenderebbe di nuovo il mare, per fare quello che sappiamo.
di Ivano Nanni
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