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sabato 7 gennaio 2012

"Senza più loro" di VITTORIO FERORELLI

Lo scrittore e giornalista Vittorio Ferorelli è stato ospite di Caffè Letterario il 18 maggio scorso per presentare il libro "Una parola dopo l'altra" edito da Bononia University Press. Vittorio Ferorelli  collabora dal 1997 con IBC, la rivista dell'Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, di cui ora è caporedattore. Questo racconto è stato pubblicato sulla rivista “Pollicino Gnus”, n. 200, dicembre 2011, www.pollicinognus.it 


Quando tutto cominciò, sembrava un giorno normale. Grigio e prevedibile come tutti gli altri giorni che, da molto tempo, qualche oscuro dio mandava sulla terra. Il nuovo millennio era appena all'inizio, ma sembrava che la ruota del mondo girasse sempre più lenta. Non si faceva altro che parlare di monete e di mercati. Come se i problemi fossero soltanto quelli. E invece la fine stava per avere inizio là dove nessuno lo avrebbe immaginato.
"Che il cielo se le prenda tutte!" ringhiò il vecchio che non aveva più i suoi denti.
Da quando era rimasto del tutto solo, era diventato duro come una pietra. Non che fosse mai stato tenero, il vecchio. Aveva passato la vita a scavare nella miniera. Lo chiamavano Bocca di Argento. Ogni volta che perdeva un dente faceva fondere una briciola dell'enorme mole di metallo che aveva accumulato e se lo faceva rimettere nuovo.
"Che l'inferno se le prenda e non ne rimanga neanche una!".
Ce l’aveva con tutte le donne che abitavano il pianeta, ma con una in particolare. Era l’unica che aveva il coraggio di entrare in casa sua per sfidare le sue mille ire immotivate. Testa di Extravergine. Così la chiamavano da quelle parti. Un po’ perché non aveva mai conosciuto il corpo di un uomo. Un po’ perché la sua testa era sempre unta, come un pennello tenuto a bagno nell’olio di oliva.
“Al diavolo tutte quante! Che siano cancellate dalla faccia della terra!”.
Non si seppe mai con precisione cosa avesse combinato, di tanto grave, quella donna. Fatto sta che, in quello stesso istante, qualche oscuro dio era in ascolto, e prese alla lettera le suppliche del vecchio dalla bocca di metallo.
In un solo momento, ogni donna che viveva sulla terra sparì dalla vista. Ogni donna. Che fosse appena nata o in fin di vita. Bionda, rossa o mora. Ciarliera o taciturna. Pelle e ossa o rotonda di fianchi. Non ne rimase più neanche una.
La prima sera senza donne trascorse nello stupore generale. Gli uomini sposati da molti anni dovettero restare quasi tutti a digiuno, perché in pochi si ricordavano come si cucina. Mentre quelli che abitavano da soli, quasi quasi, non si accorsero della differenza. Gli innamorati, invece, capirono fin da subito che cosa avevano perduto: li si poteva riconoscere facilmente dallo sguardo desolato con cui si aggiravano per i paesi in cerca del loro bene. Ma il giorno dopo, quando ogni uomo si svegliò, per tutti fu chiaro che il mondo non era più quello di prima. L’urlo dei lattanti svegliò i padri dal sonno leggero che li aveva colti in un letto mai stato così scomodo. I bambini delle scuole, dopo avere festeggiato per un po’ l’assenza totale di maestre e compagne di banco, si guardarono tra loro in silenzio, senza sapere più cosa fare. Gli uomini che si recavano al lavoro come ogni altro giorno, senza più la speranza segreta di incrociare lo sguardo acceso di una bella donna, tennero gli occhi bassi tutto il tempo per evitare gli sguardi spenti degli altri maschi.  Non tutti, però, erano tristi. Non lo erano un granché i ministri di quei culti antichi che si ostinano a tenere le donne lontane dall’altare, per timore di dividere a metà il loro piccolo potere. Non lo erano, più di tutti, il vecchio senza denti e quelli come lui, per i quali la vita era una gara da correre da soli oppure una pena da scontare senza essere distratti dalla propria sofferenza.  Con il passare del tempo, tuttavia, anche chi all’inizio non spese neanche una lacrima per la dipartita delle donne, si accorse che qualche cosa gli mancava. Soprattutto quelli che per andare avanti avevano bisogno di un nemico, capirono che così non andava più bene e, anche se a parole non lo ammettevano, si univano al desiderio generale che le scomparse in qualche modo ritornassero.  “Facciamo un convegno internazionale! Raduniamo gli esperti!”, propose un gruppo di scienziati autorevoli. Uno di loro aveva fatto un’ipotesi: non erano le donne a essere sparite nel nulla, erano gli uomini ad avere perso la capacità di vederle. Gli esperti si riunirono, parlarono a lungo tra loro con parole difficili, misero a punto occhiali speciali, e persino telescopi stellari, ma nessuno dei tentativi di recuperare la vista indebolita ebbe successo.  “Tutto sbagliato!”, dissero allora i sacerdoti. “Non sono gli occhi degli uomini a essere fallaci, ma le anime delle donne”. E al suono di campane e inni sacri si misero alla testa di una processione lunghissima, che percorse città e campagne, e ogni volta che raggiungeva un posto abitato ripeteva più volte la stessa preghiera: “Orsù, devote compagne, qui da noi ritornate! In cambio riceverete il perdono che meritate!”.  Persino i politici, una volta tanto, si diedero da fare. Qualcuno disse che le donne si erano stufate di non essere più considerate alla pari degli uomini: “Signori onorevoli, evidentemente siamo di fronte a una forma di sciopero estremo. Concediamo loro quello che vogliono e vedrete che torneranno a più miti consigli”. Si mise ai voti una nuova legge, e poi fu firmato un decreto. Anche l’immancabile regolamento fu approvato all’unanimità. Ma tutto fu inutile. Le donne non tornavano.
Tutto era perso, oramai, e molti già pensavano al momento in cui la stirpe degli umani sarebbe stata costretta a spegnersi come un fuoco che rimane senz’aria. Quando nella piazza di un paese lontano si fece avanti un ragazzo dalla voce sottile. Sulle prime nessuno intese bene le sue parole. Il ragazzo era piccolo di statura e dovettero issarlo a forza di braccia sul monumento principale della città, intorno a cui si era radunata la folla dei maschi sconsolati.
“Datemi una barca a vela e il cibo che basta per un giorno” disse il ragazzo. “Se riesco a ritrovarle, mi vedrete tornare e sarà una gran festa. Se invece non dovessi farcela, non perdete tempo a cercarmi, perché in un mondo così triste non ci voglio restare”. Gli abitanti di quella città di mare si consultarono tra loro e decisero che tanto valeva provarci: le barche non mancavano e un uomo vivo in più o in meno non faceva poi una gran differenza. Quando la vela gonfiata dal vento scomparve sulla linea dell’orizzonte se ne tornarono nelle loro case senza troppa speranza di rivederla.
Dopo un giorno e una notte di navigazione, la piccola barca si trovò in mare aperto. Il sole non era ancora sorto. Il mare era calmo. La brezza andava calando. Il ragazzo ammainò la vela e si alzò nel silenzio perfetto che di solito precede l’alba. Sorrise. Contava proprio su quel silenzio. Respirò profondamente, chiudendo gli occhi. E cominciò a cantare.
Quando rimase senza fiato, il ragazzo si tuffò dentro al mare ancora scuro di notte. Andò giù, sempre più a fondo nell’acqua fredda, fino a che i polmoni gli ressero nel petto. E quando anche il più piccolo soffio d’aria fu finito, si lasciò andare, in attesa che arrivasse la Morte Nera. Se qualcuno lo avesse visto in quel momento, non avrebbe creduto ai suoi occhi. Sembrava un pesce che, a occhi chiusi e col sorriso sulla bocca, aspetta di essere catturato dall’amo del pescatore.
Nessuno seppe mai le parole di quella canzone, e neanche la melodia che le teneva insieme. Ma qualsiasi cosa fosse, la Morte Nera (che è pur sempre una donna) ne rimase colpita. Desiderò sentirla ancora una volta. Così prese il ragazzo-pesce tra le braccia e lo  riportò sulla faccia del mare, che ora veniva illuminata dal sole del mattino.
Quando il ragazzo aprì gli occhi fu come se nascesse di nuovo dal ventre di sua madre. Si guardò intorno e, invece di ritrovare la barca che aveva lasciato, vide davanti a sè un’isola. Nuotò e nuotò, e, quando arrivò finalmente a riva, crollò dalla stanchezza.
La seconda volta che volle aprire gli occhi si accorse che erano pieni di lacrime. Aveva sognato di essere circondato da donne di ogni età, che lo guardavano, lo curavano e lo rifocillavano dopo la lunga fame. Quando le lacrime caddero e finalmente potè vedere davvero, il ragazzo si accorse che non aveva sognato.
Il giorno dopo, la città di mare da cui era partita la barchetta fu svegliata da un gran schioccare di vele. Una flotta di grandi navi gremite di donne, ragazze e bambine si apprestava a sbarcare nel porto. Nonostante la stazza e il pieno carico, le imbarcazioni timonate da mani femminili manovravano alla perfezione. Una gioia mai provata fece urlare tutti gli uomini in attesa sulla banchina. Eppure, guardando quella scena, a qualcuno scappò un pensiero: “Però! Chi lo avrebbe immaginato che sapessero governare così bene?”.   

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