Giorgio Ieranò è stato ospite del Caffè Letterario di Lugo
lunedì 2 maggio 2016 per presentare il suo saggio “Gli eroi della guerra di
Troia” edito da Sonzogno.
Uscendo a ora tarda dall’Hotel Ala D’Oro, dopo una serata
trascorsa a parlare di eroi e a rievocare leggende antiche, nella piazza
deserta di Lugo il monumento – impressionante, vertiginoso – a Francesco
Baracca sembra sbucato anche lui da una favola. Viene da pensare che quel
monumento sia stato costruito per apparire solo di notte, o tra le nebbie della
Pianura Padana, quelle nebbie rese immortali da certe scene dell’Amarcord
felliniano. La guerra di Troia e la prima guerra mondiale, alla fine, non
sembrano così distanti. Egualmente lontane, sfumate in un’epoca remota e
leggendaria. Ma anche egualmente vicine, sorelle nell’assurdità del dolore
umano e della morte. A scuola ci hanno insegnato che Baracca era un eroe.
Parola difficile, scivolosa, così consunta da un eccesso di retorica
patriottica e guerresca che molti in passato hanno preso a detestarla. Parola
che noi usiamo, senz’altro, in senso molto diverso da come la usavano i greci.
Eppure viene da pensare ai trenta aerei abbattuti da Baracca come a trenta
guerrieri caduti sotto la lancia di Achille nella piana di Ilio. E viene da
chiedersi come avrebbe raccontato Omero i duelli tra gli aerei nei cieli. Certo
in modo meno roboante di un Gabriele D’Annunzio, che citava Icaro a ogni pié
sospinto (ma glielo perdoniamo, con il rispetto dovuto a chi era comunque un
grande poeta e a chi, a differenza di certi fatui guerrafondai di oggidì, non
si limitava a predicare la guerra dal tavolino di un caffè). Nel silenzio della
piazza deserta di Lugo, il monumento a quell’aviatore morto un secolo fa sfuma
nella sua leggenda notturna, e di Omero viene in mente non la celebrazione
della guerra (che poi, di celebrazione della guerra, così tanta non ce n’è
neppure nell’Iliade) ma la malinconia che suscita la consapevolezza della
fragilità dell’umano. Resta la gioia di avere passato una sera a parlare di
favole antiche, con tante persone appassionate e competenti, con Claudio dello
splendido hotel Ala D’Oro, con Massimo della Libreria Alfabeta (eroe anche lui,
a modo suo, come lo sono tutti i bravi librai) e con gli altri. A parlare non
tanto di libri ma di storie e avventure (ché i libri alla fine sono cose,
oggetti che contano non in sé ma per le storie e le avventure che contengono).
E allora è comunque bello iniziare con Achille e finire con Francesco Baracca,
immaginare un legame fantastico tra la notte feroce della caduta di Troia e la
notte tranquilla di Lugo, e continuare a raccontarsi storie, passeggiando nel
silenzio, come sarebbe piaciuto anche a Omero.
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