Sull'incontro di venerdì 16 giugno
con Emilio Russo che ha presentato il suo libro “Ridere del mondo. La lezione
di Leopardi” edito da Il Mulino.
Chi non ha mai sentito nominare
le Operette Morali di Giacomo Leopardi? Tutti o quasi. Chi le ha effettivamente
lette per intero? Pochi o quasi. Rientro anch’io nella fetta dei lettori
mancati. Effettivamente sono una parte importante delle mie lacune che di tanto
in tanto affiorano come buchi neri ad ammonirmi per quello che ho saltato o che
non ho approfondito, e sono tante che non le conto più. Per quello che mi
riguarda le Operette stavano chiuse in un cassetto insieme ad altri testi
liceali che non ho più ripreso in mano e lì sarebbero restate, anche se adesso
non ne sono così certo. Colpevole la mia scarsa devozione alla poesia e alla
prosa poetica, senza dubbio, ma certamente quel testo è ostico per struttura e
profondità di pensiero, e di stile arduo a essere penetrato di prima
intenzione. Ma Leopardi aveva ragione, scriveva come scriveva perché era un
genio letterario, e noi che abbiamo faticato sulle Operette e poi abbiamo
desistito siamo colpevoli di omissione culturale se così si può dire. Se ci
fosse un reato simile saremmo tutti perseguibili e condannati giustamente, da
un kafkiano tribunale, alla lettura forzata e al commento obbligatorio scritto.
Ora, dopo la serata di presentazione del libro di Emilio Russo,” Ridere del
mondo”, un saggio sulle semisconosciute Operette credo che le riprenderò in
mano con rinnovata concentrazione. Suppongo che l’impatto sarà ancora duro ma
l’aspetto comico di questa impresa credo che mi aiuterà ad entrare nella
comicità di quel capolavoro. A mio parere, quello che è filtrato ieri sera
nell’attento uditorio è stato, per prima cosa, la innegabile e profonda
passione di chi presentava il testo critico, Claudio Nostri: a suo agio da
decenni tra i versi del poeta, in azione continua in un campo che ha eletto
come paradigma letterario e fondamento filosofico per le sue tante letture; e
poi, seconda cosa, la sapienza filologica di Emilio Russo che ci ha portato a
riflettere sulla genesi originale dell’opera. Ci ha condotto con piacevolezza
nel laboratorio letterario del poeta, ha aperto la porta dello studio
leopardiano e ci ha mostrato la fonte primigenia di quel complesso e lungo
lavoro. Una genesi per molti versi occulta, misteriosa, addossata a una mole
sterminata di appunti, di chiose, di note e commenti e correzioni segno di
quanto fosse tormentata la scrittura di quelle prose. Con molta chiarezza si è
intuito che dietro a tanta sapienza si nasconde il segreto del Ridere del
mondo. Sì, perché è questo stupefacente dato che salta fuori dal dialogo tra
Claudio ed Emilio, (che potrebbe essere il titolo di un’operetta tutta da
scrivere),che il Pessimismo Cosmico, può, anzi diventa Comico senza tradire la
disillusione sulle “sorti magnifiche e progressive” nostre, e quindi si apre al
sorriso disincantato e un po’ folle di un filosofo poeta che ha ancora e forse
avrà per sempre pochi ma inguaribili lettori.
di Ivano Nanni
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