Romana Petri è stata ospite del Caffè
Letterario di Lugo venerdì 15
novembre 2013 per presentare il suo romanzo "Figli dello stesso
padre” edito da Longanesi.
Quando
ero bambina, avevo un nonno che chiamavano 15/18. Lo chiamavano così perché non
faceva altro che parlare della Grande Guerra. Era stato un artigliere e diceva
sempre che senza nemmeno accorgersene doveva aver "ammazzato chissà
quanti cristiani". Lo diceva e si
faceva il segno della croce sperando che quando fosse arrivato il suo momento
Dio l'avrebbe assolto.
Mio
nonno aveva un'unica grande passione: Francesco Baracca. Di quell'aviatore
sapeva tutto. E più andò avanti negli anni, più della Grande Guerra aveva
voglia di parlare di quell'unico argomento. Soprattutto della morte di Baracca,
soprattutto dei suoi funerali. Quando
raccontava che a un certo punto Il Barone Rosso, il suo nemico, s'era messo a
svolazzare facendo scendere dal cielo tanti petali di rosa, mio nonno Giulio
non si tratteneva più e scoppiava a piangere. Negli ultimi anni della sua vita,
Baracca era diventata un'ossessione. Se entrava in un bar a prendere un caffè,
ne raccontava la storia a chiunque avesse accanto.
Qualche
tempo fa, andando a Lugo, sulla piazza ho visto il monumento a Francesco
Baracca. La grande ala del suo aereo conficcata in terra, come fosse venuta giù
così. Io non lo so se tutto quello che raccontava il nonno era esatto o meno.
Alla fine sembrava che Baracca fosse stato uno dei suoi più grandi amici, ma
non credo si siano incontrati mai. Però, lì, a Lugo, in quella piazza surreale,
davanti a quel monumento più che monumentale, mi sono detta che se fossi stata
più attenta, se mi fossi informata, prima di vederlo morire lo avrei potuto
portare a Lugo. Lì non avrebbe avuto problemi a parlare con tutti quelli che
incontrava del suo San Francesco Baracca.
di
Romana Petri
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