Sull'incontro di mercoledì 28 maggio con la storico Paul Ginsborg che ha presentato il suo libro “Famiglia Novecento” edito da Einaudi.
I
grandi uomini, siano essi scrittori o politici o religiosi o appartenenti ad
una qualsiasi altra categoria umana, sono tutti più o meno segnati dalla
seguente caratteristica: si abbassano all’umiltà dell’oggetto del proprio
interesse senza umiliarsi ad esso e nobilitando, quasi grazie al proprio
intervento, quasi attirandolo a se, l’umiltà della cosa stessa.
Paul
Ginsborg, docente universitario prima in Inghilterra e da qualche anno a
Firenze, riconosciuto internazionalmente come storico, prevalentemente della
contemporaneità, quasi documentarista della stessa, è una di queste figure.
Il
suo volto e la sua persona, mentre viene introdotto il suo ultimo lavoro
“Famiglia Novecento”, è velato di serenità e mitezza, guarda quasi
nascondendosi il suo libro come sorpreso, come se reciprocamente, il testo e
l’autore non si conoscessero e sembra quasi implorare lo stesso di non dire
troppo o di non consentire che troppo si dica di lui.
A
presentare il volume con lui c’è l’amico e docente anch’egli presso
l’Università di Firenze, Arnaldo Bruni. Il collega traccia di Ginsborg una
descrizione fatta di domande a cui poi l’autore risponderà in quella che sembra
più una lectio magistralis che non solo la presentazione di un libro.
Sottolinea, il Bruni, la polifonia del testo, la forte presenza delle donne,
con un’attenzione alla lingua da letterato più da storico, evidenziando come
Ginsborg passi dal registro della letteratura a quello della storiografia con
estrema disinvoltura.
Il
libro si presenta ricco di storie, di episodi di vita di grandi personaggi, di
progetti ed utopie e visioni della famiglia del mondo che si mostrano collegate
le une alle altre in un flusso continuo, arriccehndosi poi di molte foto, di riproduzioni
di quadri e concludendosi, solo alla fine con accenni a riferimenti a dati
storici e fonti storiografiche.
Un
saggio storico quello da lui scritto che porta Ginsborg a passare dalla storia
nazionale (numerosi i suoi testi sull’Italia contemporanea da “Berlusconi” a
“La democrazia che non c’è” a “Salviamo l’Italia” per concludere poi una serie
di saggi in cui uno è la risposta a quello precedente con “Tempo di cambiare”)
alla grande storia filtrata dalla prospettiva familiare. La ragione per cui
l’autore si dedica a tale tema è espressa dallo stesso quando afferma che la
famiglia, così importante in Italia, ha ricevuto poca attenzione tra gli
studiosi.
Un’opera
monumentale la sua, che prepara ad un secondo volume sulla seconda metà del
secolo scorso e che presenta dei limiti, come confessa esplicitamente Ginsborg,
uno tra tanti la mancanza di una storia della famiglia attraverso il cinema.
Numerose
le immagini, invece, molte delle quali sono usate dall’autore per esporre
alcuni passaggi del testo; si va così dalla Kolontai, compagna di Lenin e molto
aperta nelle sue posizioni al superamento della famiglia tradizionale a
Marinetti che da futurista vuole abbattere la famiglia in cui i vecchi
schiacciano i giovani, ma poi, come sostengono i suoi ammiratori, nel più
futurista dei silenzi accetta le condizioni della moglie nella gestione del
proprio nucleo familiare ed in contrapposizione all’artista si pone Gramsci, il
pensatore che vede nella famiglia l’organo morale della società, per passare
poi alla Germania nazista e alle raffigurazioni ai tempi di Weimar ed alle foto
di Goebbels per il suo matrimonio e ai quadri amati da Hitler o ancora a quelli
apprezzati o scartati da Mussolini nella raffigurazione della famiglia italiana
e ancora le famiglie spagnole in fuga da Franco o le idee della moglie di
Ataturk, padre dei turchi, e le prospettive culturali e la doppia prospettiva
sulla vita familiare accompagnate dai commenti in merito alle leggi sulle
famiglie e tanto tanto altro ancora.
Le
ore in compagnia di Ginsborg, come la lettura del suo libro, rapiti
dall’eleganza e dalla sottile ironia con cui accompagna la presentazione della
storia, semplificata nella sua dimensione familiare e quotidiana presentata
dall’autore e si lascia la sala pieni di innumerevoli informazioni ed ancora
golosi di sapere ancora e con una voglia commossa di esprimere la gratitudine
all’autore per l’opera scritta, per lo stile espositivo e per l’umanità, la
mitezza e la cortesia con cui il professore venuto dall’Inghilterra a spiegarci
l’Italia si dedica ad ascoltatori e lettori.
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