Sull'incontro
di lunedì 2 maggio con lo scrittore Giorgio Ieranò che ha presentato il suo
libro “Gli eroi della guerra di Troia”
edito da Sonzogno.
Perché la
loro immaginazione è grande si potrebbe dire. Niente da dire sul suo opposto,
la massima di Brecht che indica, credo, come gli eroi siano i simboli di
un’umanità che non sa difendersi e che ha bisogno di esseri umani con
sovraumani poteri per combattere il destino avverso che li rende schiavi e
ribaltarne i condizionamenti. È la massa che deve diventare eroica e non farsi
prendere per mano dall’eroico aedo politico di turno, dal visionario che
prevede e promette un destino che spesso è solo una macchinazione pericolosa.
Le masse brechtiane devono tendere al socialismo e diventare senza mediazioni
loro stesse eroiche. Altri tempi, tempi ideologici.
Lontanissimo
da questo concetto l’eroe greco è l’essere che per nascita e benevolenza degli
dei riceve qualità imperturbabili che sono i crismi della sua virilità, della
sua bellezza e forza, fintanto che durerà la sua vita. Certo non è immortale.
Potrebbe essere scambiato per un immortale, mentre è un highlander, uno che sta
in alto, che vive sia sopra che dentro ai destini umani. Vive con le passioni
di tutti dentro al cuore ma che domina orgogliosamente, e si fa largo nella
selva del dubbio e dell’incertezza guidato dalla benevolenza del dio che lo
ama, e sprona gli uomini a spingersi oltre i loro limiti. Sì, perché anche gli
dei sono provvisti di passioni e con tutto il loro corredo di vizi e di virtù.
Quelle passioni, quel vigore immenso, quel furore di guerra, sono il sangue che
scorre nelle vene, è l’amore cantato dai poeti, la polvere sollevata dalle
mille battaglie combattute, è la pietà per i caduti, e l’angoscia per quelli
tentano un ritorno dopo guerre che appaiono impossibili. Combattute in luoghi
improbabili, fuori dalle rotte conosciute, addirittura si pensa a una Troia
improbabilissima iperborea.
Ma delle coordinate geografiche forse non importa
nulla. È il racconto omerico che mette tutti d’accordo o in disaccordo, tutto
nello stesso crogiolo di canti, gli eventi sono ficcati nello stesso vortice
ombelicale al quale tutti si adeguano, Dei compresi, agli ordini distaccati del
Fato. Dunque l’eroe è un uomo superiore che media tra il mondo degli umani con gli
dei olimpici che ordinano, minacciano, amano, inducono ad azioni e a sogni,
interferendo in ogni modo, baloccandosi come se la terra fosse un teatro e gli
esseri umani marionette che appese ai fili del destino si muovono come ombre
sul palcoscenico del mondo.
Ma è anche
un uomo semplice che l’autorevolezza del poeta consegna per sempre al ricordo
dei lettori. Per questo mi è caro particolarmente, l’episodio di Elpenore, il
quale dopo una notte passata sul tetto della casa di Circe a guardare il
meraviglioso cielo stellato, era un poeta di certo, al mattino ancora
invischiato nei sogni della sbronza della sera prima senza la cognizione della
posizione, credeva di essere a terra mentre era sul cornicione della casa, da
lì si mosse malamente, precipitò a terra e morì sbattendo la testa contro un
sasso. Anche questo era un eroe. Il primo che Ulisse incontra nel suo viaggio
nell’Ade.di Ivano Nanni
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