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mercoledì 4 maggio 2016

"Beati i popoli che hanno bisogno di eroi" di IVANO NANNI

Sull'incontro di lunedì 2 maggio con lo scrittore Giorgio Ieranò che ha presentato il suo libro “Gli eroi della guerra di Troia”  edito da Sonzogno.

Perché la loro immaginazione è grande si potrebbe dire. Niente da dire sul suo opposto, la massima di Brecht che indica, credo, come gli eroi siano i simboli di un’umanità che non sa difendersi e che ha bisogno di esseri umani con sovraumani poteri per combattere il destino avverso che li rende schiavi e ribaltarne i condizionamenti. È la massa che deve diventare eroica e non farsi prendere per mano dall’eroico aedo politico di turno, dal visionario che prevede e promette un destino che spesso è solo una macchinazione pericolosa. Le masse brechtiane devono tendere al socialismo e diventare senza mediazioni loro stesse eroiche. Altri tempi, tempi ideologici.
Lontanissimo da questo concetto l’eroe greco è l’essere che per nascita e benevolenza degli dei riceve qualità imperturbabili che sono i crismi della sua virilità, della sua bellezza e forza, fintanto che durerà la sua vita. Certo non è immortale. Potrebbe essere scambiato per un immortale, mentre è un highlander, uno che sta in alto, che vive sia sopra che dentro ai destini umani. Vive con le passioni di tutti dentro al cuore ma che domina orgogliosamente, e si fa largo nella selva del dubbio e dell’incertezza guidato dalla benevolenza del dio che lo ama, e sprona gli uomini a spingersi oltre i loro limiti. Sì, perché anche gli dei sono provvisti di passioni e con tutto il loro corredo di vizi e di virtù. Quelle passioni, quel vigore immenso, quel furore di guerra, sono il sangue che scorre nelle vene, è l’amore cantato dai poeti, la polvere sollevata dalle mille battaglie combattute, è la pietà per i caduti, e l’angoscia per quelli tentano un ritorno dopo guerre che appaiono impossibili. Combattute in luoghi improbabili, fuori dalle rotte conosciute, addirittura si pensa a una Troia improbabilissima iperborea.
Ma delle coordinate geografiche forse non importa nulla. È il racconto omerico che mette tutti d’accordo o in disaccordo, tutto nello stesso crogiolo di canti, gli eventi sono ficcati nello stesso vortice ombelicale al quale tutti si adeguano, Dei compresi, agli ordini distaccati del Fato. Dunque l’eroe è un uomo superiore che media tra il mondo degli umani con gli dei olimpici che ordinano, minacciano, amano, inducono ad azioni e a sogni, interferendo in ogni modo, baloccandosi come se la terra fosse un teatro e gli esseri umani marionette che appese ai fili del destino si muovono come ombre sul palcoscenico del mondo.
Ma è anche un uomo semplice che l’autorevolezza del poeta consegna per sempre al ricordo dei lettori. Per questo mi è caro particolarmente, l’episodio di Elpenore, il quale dopo una notte passata sul tetto della casa di Circe a guardare il meraviglioso cielo stellato, era un poeta di certo, al mattino ancora invischiato nei sogni della sbronza della sera prima senza la cognizione della posizione, credeva di essere a terra mentre era sul cornicione della casa, da lì si mosse malamente, precipitò a terra e morì sbattendo la testa contro un sasso. Anche questo era un eroe. Il primo che Ulisse incontra nel suo viaggio nell’Ade.
di Ivano Nanni

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