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giovedì 11 giugno 2009

"Amari amori" di IVANO NANNI

Sull'incontro con BRUNO D'AMORE di lunedì 8 giugno.
Albrecht Durer oltre al talento e al genio che madre natura gli aveva concesso, era pure un bel ragazzo, e un playboy vero e proprio, straordinariamente fortunato con le donne, sfuggito più volte alle vendette di mariti cornuti. Per cui motivi di ammirazione, di invidia e di gelosie sconfinate erano pienamente giustificate da parte di piccoli uomini che di fronte al genio non potevano che rimanere attoniti e a bocca aperta. Quel suo maestro di legno Michael Vogelmut, maestro di scultura e di incisioni, ci racconta il suo calvario di artista rispettabile che incontra un bel giorno( ma poi non fu così bello) un artista enormemente più grande di lui. E per lui tutto cambia. Da quel momento la sua stella si offusca, lui stesso perde vitalità e gioia di vivere, tutto gli si sbiadisce attorno, tutti i concetti e le certezze che lo avevano sostenuto naufragano miseramente davanti a un ingegno allegro e perfettamente formato nonostante la giovane età. Ciò nondimeno la sua non fu un’invidia infausta come ce ne sono fin troppe nel mondo, e meno in questi racconti, ma fu una enorme ammirazione verso il talento così genuino e puro, piovuto direttamente dal cielo. Inizia in questo racconto come poi in tutti gli altri un resoconto del maestro sull’incontro fatidico con l’altra parte della luna. Di quel lato oscuro che si palesa, incarnato in un uomo più giovane che si professa discepolo, che anela ad esserlo, e che da subito chiarisce la sua posizione nel mondo. Si proclama allievo e nel mentre lo dice medita sulla magnificenza del suo talento, sa bene che lo è, ottimo pittore e incisore, ma non vuole umiliare nessuno, accetta il so fardello e opera per il bene del mondo e della committenza. Questo è il tratto che distingue i grandi, di tutti i grandi che sono raccontati in questo libro, che per quanto siano sublimi e alti non hanno mai il carattere di quello che umilia e divide. Al contrario, sono segnati dal destino per illuminare e chiarire oltre ogni dubbio. Semmai è il maestro, dall’occhio fino, a vedere oltre la stoffa e a leggere in filigrana la grazia dell’allievo, accostato alla quale anch’egli diventa più grezzo, impacciato, goffo nel parlare e attonito. È strano come il trovarsi al cospetto del talento più rigoroso e sbalorditivo renda tutti più mansueti e l’ammirazione consigli di genuflettersi davanti a tanta regale sapienza e tecnica. Quando questa non si manifesta come invidia pura e semplice allora rimane nel maestro il ricordo dell’allievo che travalica il suo lavoro e si consegna alla storia della scienza o dell’arte come immortale. Il dialogo languisce, però, certo non tutti i passaggi dell’allievo, sempre più maestro, sono comprensibili, tuttavia il tocco o il calcolo sul quale si basa il giudizio del maestro sono incontrovertibili. L’allievo ha per il maestro una grazia che gli permette di pronunciarsi sempre con umiltà verso colui che sente come l’iniziatore del suo cammino e compie quel miracolo di comprensione dell’animo umano che si chiama carità, quando pubblicamente ringrazia colui che sta un gradino sotto. Ma non importa, la loro piacevolezza per questo e altro fa commuovere e vola alto, più in alto di un altare dipinto e di una pala d’altare, più in alto perfino delle stelle osservate dai filosofi- astronomi. Il Verrocchio veduti i disegni di Leonardo si accostò al suo tavolo di lavoro e afferrò i pennelli che lo avevano reso famoso e li spezzò tutti in un unico gesto. Quella rottura che segna una crepa nel corso della storia maieutica rimette tutto nelle mani della storia dell’arte in questo caso, come è la scienza, e noi tutti, a trarre profitto dalle scoperte di Newton, nato in quel 25 dicembre del 1642, anno della morte di Galileo, destinato a tracciare una nuova via nei cieli e a scriverne la storia immortale. Sembra quasi di percepire l’attimo in cui il maestro si ritrae davanti alla superiore intuizione e in questo segna la sua grandezza di uomo. C’è sempre umanità anche in questo tirarsi da parte, in questo infliggersi un giudizio severo sulle proprie colpe. C’è sempre un momento in cui l’ammirazione sopravanza la comprensione ed è il momento in cui il più piccolo vive il suo momento sublime. È l’attimo per cui pur non comprendendo pienamente intuisce la grandezza e la ama incondizionatamente e ne rimane per sempre avvinto. di Ivano Nanni

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