Sull'incontro
di mercoledì 16 gennaio con Paolo Albani e il suo libro “I mattoidi italiani”.
edito da Quodlibet.
È
una raccolta inconsueta il libro di Paolo Albani, I mattoidi Italiani, che come
ricorda l'autore nelle pagine finali del libro, nella nota metodologica, è
stata compilata partendo dalla definizione che Raymond Queneau da del “ folle
letterario”:
Un
autore edito le cui elucubrazioni (non uso il termine in senso dispregiativo) si
allontanano da tutte quelle professate dalla società in cui vive, sia da tale
società nel suo insieme, sia dai diversi gruppi, benché minimi che la
compongono, elucubrazioni che non rimandano a dottrine anteriori e che non
hanno avuto eco alcuna. In breve un "folle letterario" non ha né maestri né
discepoli.
Paolo
Albani con la sua catalogazione apre uno scenario sui deliranti letterari che
hanno prodotto studi che escono, delirano,
dalla direzione presa da pensatori e scienziati veri. In altre parole
scrive le biografie artistiche di parastudiosi che si sono distinti per
l'oscurità dei loro progetti di lavoro, per la loro inconcludenza, per la totale
inefficacia delle loro teorie e soprattutto per non tenere in nessun conto
l'esperienza acquisita e i risultati conseguiti nei campi in cui applicano le
loro energie creative.
L'autore
compila le schede anagrafiche di questi pensatori stravaganti e oscuri,
individui dalla fantasia bizzarra, fautori indefessi di un pensiero tangenziale
che li porta su rotte sconosciute e incontrollabili seguendo nei dettagli il
loro pensiero. Di questi “folli” riporta precisamente ogni articolazione di
pensiero che si esprime in forme assolutamente problematiche e aliene dalla
realtà. È interessante notare come la determinazione granitica che avevano
questi “ eterocliti “, altro termine di Queneau, nel perseguire intenti
assolutamente astrusi non abbia mai subito nessuno smottamento, nessuna
incrinatura, nessun dubbio convinti com'erano della genialità del loro lavoro.
Proseguivano per la loro strada fieri di essere dei pionieri nel loro campo e
francamente stupiti e offesi quando professori e accademici li snobbavano o li
mettevano brutalmente alla porta.
Autori
della Quarta dimensione, termine coniato da Umberto Eco per definire autori
fai- da – te, per nulla presi in considerazione da case editrici pubblicano a
proprie spese i loro studi con punte di cripticità magistrali, come quelle di
un certo Eulogo D'armi autore di un testo dal titolo, Teismo e Monismo di
fronte, autore che non è catalogato per ragioni di incomprensibilità del testo.
Eulogo scrive: Si può affermare che SOLO SE LA SOMIGLIANZA NON DERIVI
DA INDIFFERENZA C'È BISOGNO DI DIO: soltanto tra unici un primo deve porre gli
altri, mentre se sorgano dall'indifferenza non saranno unici e solo principio
sarà essa.Righe illuminanti che lo consegnano per sempre alla storia
della teologia surreal-patafisica espressa con la tecnica della scrittura
automatica e alla galleria dei “geni” troppo oltre per essere compresi.
Sono
strani studiosi dall'estro gioviale e inconcludente quelli descritti da
Albani,la loro follia sta tutta nella teorie strampalate che inventano e che
sostengono con architetture argomentative labirintiche senza possibilità di
ritorno.
Sono
estrosi in odore di manicomio. Sono progettisti che teorizzano indossando una
virtuale camicia di forza e lasciano tracce di originale inapplicabilità.
Divertenti e malinconici. È un genere di
follia caricaturale, però nello stesso tempo creativa e complessa con la quale
si ride amaro.
di Ivano Nanni
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