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lunedì 24 marzo 2014

"La casa della poesia" di IVANO NANNI

Sull'incontro di mercoledì 19 marzo con il saggista Pierluigi Moressa che ha presentato il suo libro “L’amara felicità. I sentimenti quotidiani nella scrittura di Marino Moretti” edito da Raffaelli Editore.

Di tanti intimi drappeggi pare essere la poesia di Moretti che appare e scompare con una specie di riluttanza a preservare se stessa, come se l'oblio avesse già messo il suo suggello sul poeta. Egli tenne fermo il proposito di avere nido nella casa paterna, la casa dove ritornare dopo i lunghi viaggi, e sempre ritornò e amò quella casa come presentisse che solo in quella casa le sue rime potessero essere raccolte e preservate. Per non essere dimenticato e forse per non dimenticare se stesso, per non replicare l'orgoglioso puntiglio nichilista della dimenticanza prima ancora della scomparsa, la casa, fu per Moretti, luogo di accoglienza e memoria, museo oracolare, tempio e dedizione alla parola, una divinizzazione percepita come dono alla città e ai suoi concittadini. Nella romagna solatia, la poesia che immagina se stessa senza profondità inonda di impalpabilità l'ombra stessa delle cose descritte, e i sentimenti sfogliati lentamente come meditate pagine di libri, perché su quell'ombra tutto si fonda e si mescola nel crogiolo che guarda il porto canale.
Il poeta traccia singolari linee offuscate di preghiera, intime voluttà scandite dalla memoria di una casa-nido che offre ristoro e bellezza, intinge la sua penna in un sospetto di vita che la leggerezza dello sguardo e del colore cinerino delle sue parole venano di crepuscolare abbandono.
L'appartato poeta romagnolo, che fu vagabondo in gioventù nelle città europee del primo novecento non fu impressionato dai movimenti artistici vorticosi che si affermavano, al contrario quei movimenti non lo coinvolsero; egli vive al contrario in una reclusione amorevole, prigioniero volontario di una riflessione in rima sulle piccole cose quotidiane che sono amore per il dettaglio, per la piega di una tenda, il crocchiare di un merlo, o il verso scritto per lo sbocciare di una rosa. Un petalo caduto sul foglio è per lui il centro del mondo e delle sue rime e si allontana per questo da un mondo volgare, il mondo della storia che il poeta osserva dalle persiane socchiuse.
Nessuna filosofia c'è mai stata ad appesantire la sua poesia, nessun messaggio sotteso, eppure il poeta di Cesenatico, frugale di apparizioni aumenta la sua presenza tra noi commentando appartato la vita dando forma e sostanza a un'antistorica concezione della presenza poetica per sottrazione della figura del poeta.
di Ivano Nanni

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