Sull'incontro
di lunedì 14 marzo con il giornalista Gigi Moncalvo che ha presentato il suo
libro “Agnelli segreti” edito da Vallecchi.
Meno
male che non è il solito santino da leggere inginocchiati, la solita agiografia
genuflessa scritta davanti al ritratto dell'AVVOCATO, naturalmente tutto
maiuscolo, che agita il bastone del pastore di greggi italiche. Questa
maiuscolità c'è sempre stata, come c'è sempre stata una sudditanza ammirata per
come la famiglia ha sempre gestito una vita sopra tutte le righe,
imbrogliatissima come e più che in Dynasty. Le vicende familiari dei potenti
erano e sono un patrimonio italiano da conservare, un made in Italy che era ed
è un passpartout per ogni riccastro che si muove nel jet-set internazionale.
C'è
sempre stata la predilezione per la stampa di fare da scendiletto ai potenti,
scrivendo biografie con le lacrime agli occhi per la commozione, focalizzandosi
sui dettagli che piacciono all'Italia guardona che si incanta ad osservare
l'orologio sulla manica della camicia, o la cravatta sopra il pullover e tanti
altri gadget alla moda simboli di italian style nel mondo. E mentre ci si
sofferma a parlare di eleganza sopraffina, gli affari della potentissima
famiglia si imbrogliano, le fabbriche costruite con i soldi di questa nazione
sbriciolata chiudono, la testa dell'azienda emigra in Olanda, la parte fiscale
in Inghilterra, la partnership negli Stati Uniti, e in Italia rimangono
fabbriche mezze chiuse dove gli operai lavorano a rotazione al massimo tre
giorni al mese, però contenti come delle pasque ballano il ballo del qua-qua
nelle linee di montaggio insieme ai robot, segno evidente che stanno in buona
salute. Quello che racconta Gigi Moncalvo nel suo documentatissimo libro è una
storia che si percorre con la pila accesa tanto sono le ombre lunghe, medie,
corte, che sono l'anima del libro, strutturato come un atto di accusa capillare
verso la più grande dinastia di industriali italiana che dalla sua ha avuto la
fortuna di avere due guerre mondiali, un cinismo rabbrividente, e la parola
scrupoli bandita dal dizionario di casa Agnelli.
Vengono rivelati dei misteri. Dalle
mitragliere con le canne che fondevano per il calore e che dovevano essere
raffreddate con l'acqua di un secchiello, sempre prodotto dalla Fiat, per cui
nel culmine della battaglia, il mitragliere doveva raffreddare la canna come
azione bellica accessoria, sempre che non gli fosse scoppiata in faccia, alla
produzione della Duna il passo è breve. Entrambe erano fatte con lo stesso
ferro scadente e la macchina era un avanzo di canne mezze fuse che perdevano i
pezzi mentre si avventuravano nelle strade del mondo, preferibilmente il terzo.
Anche questo era italian style. In ogni caso è nel periodo bellico che si
stringono patti d'acciaio(scadente) con il fascismo e con la Svizzera e si
consolidano guadagni incredibili, aumenti di capitali, flussi impressionanti di
denaro tutto con destinazione estera. Vocazione mantenuta anche adesso.
Impressionanti sono le cifre che emergono dagli scavi indagatori svolti da
Moncalvo. Questioni di eredità. Altro che cifrette da poche centinaia di
milioni di euro che Margherita, erede della fortuna di Gianni Agnelli rifiuta
giustamente, si scopre la caverna del tesoro di Montecristo nel triangolo
d'oro (letteralmente), Svizzera, Lichtenstein, Lussemburgo: miliardi di euro in
lingotti d'oro che brillano nella notte di questa Italia mezza affondata che si
arrabatta per trovare per i lavoratori 80 euro al mese, l'equivalente di una
mezza spesa al supermercato, mezza.
Ma non è tutto qui. Accanto a tante
spiacevolezze c'è il buon gusto, cioè la sensibilità per le cose belle,per
l'arte. 853 è un numero che non bisogna dimenticare. È il numero dei quadri
contenuto nella pinacoteca personale dell'avvocato Agnelli, distribuito nelle
dverse dimore, castelli, appartamenti, attici, palazzi rinascimentali, loft,
resort privati, ville di campagna e di città, tutto rigorosamente fuori
dall'Italia. Anche questo è stile. Goya, Rauschenberg, Warhol( che ha scattato
una polaroid anche all'avvocato, poi serializzata), Picasso, Sandro Chia, e
decine di altri grandi, tutto il gotha dell'arte mondiale sta nelle case del presidente
della Fiat. Ma ancora più impressionante sono i capitoli che riguardano “i
cortigiani “ di casa reale che nel corso degli anni hanno aumentato il loro
potere fino a diventare dei plenipotenziari con possibilità di veto perfino
sulle spese personali dei figli di Gianni Agnelli. Margherita, e il povero
Edoardo, tutti estromessi dalla famiglia da Gianluigi Gabetti, gran ciambellano
e complottista insieme a Romiti e all'avvocato-consigliere Grande Stevens,
davvero grande nel congegnare sistemi giuridici di esclusione dalla
governance aziendale dei legittimi
eredi, peraltro screditati e additati come ladri e drogati. Impressionante come
sono gestite le nuove generazioni ora al comando o quasi. Gli Elkann. Con Lapo che
deve la sua vita a Patrizia( nome d'arte di un professionista del sesso ), e
creativo di famiglia, eccentrico, folle e rappresentante nel mondo del ramo
gaudente delle famiglia,e John che è la facciata in stile minimalista della
Fiat, il decor della casa, quello che serve ai veri padroni, il lato A della
facciata, tutto casa e lavoro e obbedienza.
di Ivano Nanni
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