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domenica 7 marzo 2010

"Il peccato di essere onesti" di IVANO NANNI

Sull'incontro con UMBERTO AMBROSOLI di sabato 6 marzo. In un paese come il nostro, chi tiene fede ai propri incarichi con competenza senza limiti all'analisi critica viene emarginato, chi si attiene a un codice morale intransigente contro la consuetudine levantina di manipolazione delle leggi è osservato come una curiosa anomalia del sistema, tollerato fino a che non toglie troppi mattoni dal muro. Se poi continua nel suo lavoro di scavo da bravo archeologo del sapere l'allarme aumenta tra i tombaroli clandestini, chi si sente minacciato si predispone alla difesa. La prima linea difensiva consiste sempre nel tentativo di corruzione. Di solito arriva un ambasciatore, chiede udienza al soggetto intransigente, viene ricevuto con cortesia, i presupposti per un accordo ci sono tutti: il soggetto non è un pericoloso rivoluzionario affetto da preconcetti verso i borghesi, anzi è proprio un borghese, un conservatore, un uomo d'ordine ma non di quell'ordine, un uomo con un suo senso dell'ordine, un uomo interessato alla pulizia, qualcosa a metà strada tra il bonificatore ambientale e il chirurgo oncologo, un ibrido interessante, una nuova figura di terapueta per curare la scaltrezza dei ladri, detto tra noi, in Italia, ci vorrebbe una divisione di questi medici. Egli, dunque, resiste alle offerte dell'ambasciatore, rifiuta cortesemente e incredibilmente conti correnti e poltrone presidenziali. E' un folle. Che si fa contro una scheggia impazzita del sistema? Lo si isola, è semplice. Si trasforma il suo ufficio in un isola remota del sistema e non si mandano più viveri, lo si lascia solo come un naufrago; chi dovrebbe aiutarlo si ritira in un angolo e lo guarda annaspare con sempre meno fiato dentro a una bolla di vetro che lentamente si riempie di acqua fino all'orlo. Dovrebbe funzionare, ha sempre funzionato. In questo caso, no. Il naufrago, ha lo stesso spirito di iniziativa di Robinson Crusoe, ha buoni polmoni, una riserva d'aria insospettabile, l'isola gli offre risorse inaspettate, continua a vivere, va avanti nel suo lavoro, inoltre non teme i cannibali. La minaccia diventa ancora più consistente, il potere si inabissa in cupe meditazioni: “quell'uomo non è normale, non è accettabile che possa comportarsi come un rivoluzionario, ci sta mettendo in un angolo, chi si crede di essere Tommaso Moro? e non lo sa come è andata a finire? “ Sì, lo sa, ma non importa. È evidente che quando codice morale e dna si fondono insieme nessun sabotaggio può disgiungere quella catena molecolare così forte. Si tenta di spaventare il soggetto con l'invio di messaggi anonimi, telefonate minacciose, tutto inutile: non è un tipo da farsi impressionare, se avesse creduto ai fantasmi non avrebbe fatto il giudice. Non sente ragioni, allora, alla fine... Siamo all'ultimo passo, l'orizzonte si restringe, dense nubi si addensano sul suo capo, il destino segnato fin dall'inizio scrive la sua ultima parola. Una sera d'estate, un sicario delle ombre si materializza davanti alla sua casa, e cancella quella macchia funesta del sistema. Discorso chiuso? Solitamente è così, ma in un paese di poca memoria e di giustizia accartocciata, il passato non se ne va mai davvero, ecco perché oggi si ha ancora bisogno di bravi e coscienziosi bonificatori esperti in giurisprudenza dello sporco, non ce ne sono molti; contingenti male armati combattono battaglie impari contro battaglioni di finanzieri ladri, difesi da togati pit-bull in aule presidiate dai facchini della politica d'assalto in un crescendo di intimidazioni, e sono passati trent'anni. Il paese sembra bloccato in uno spasmo neurologico. In tutto questo tempo la società civile, ha preso solo colpi bassi, senza un arbitro che squalificasse il pugile senza regole, si è accreditato un modo di combattere scorretto, si è inspessita la crudeltà del vivere quotidiano al punto che la cultura di un Sindona è presente nelle istituzioni, chi può dire che la P2 non abbia forza nel nostro paese?, il caos ha reso più forte gli scaltri, perfino degni di ammirazione, si è prodotta una curiosa trasmutazione di tutti i valori dove quello che sta in basso è salito ai piani alti sulle schiene dei pochi che hanno cercato di impedire quel climbing selvaggio; in cima ci stanno quelli che in altri paesi avrebbero la faccia in un casellario giudiziale, duole dirlo ma hanno sempre governato con regole semplici, come è semplice la gente che vive in questo paese. Bombe e caffè, questo è stato il leit- motiv. Terrore per non cambiare mai nulla, e caffè corretto per i complici dietro le sbarre che minacciano delazioni. Un buon caffè all'italiana autocertificato con bolli falsi non si nega agli amici in disgrazia, è sempre lo stesso bricco di caffè che viaggia da un carcere all'altro a rinforzare i mattoni del muro. di Ivano Nanni

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