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martedì 1 giugno 2010

"Chi è lo scrittore?" di IVANO NANNI

Certo che le regole per definire uno scrittore mica sono facili da trovare, e forse la cosa è pure utopica anzi senza dubbio lo è, mica è facile stabilire qualche regola alla quale attenersi nel momento in cui si chiude un libro e ci si mette davanti a un foglio bianco con la persistente idea di dare corpo a una vaghezza, a uno svolazzo, a un arzigogolo che ha la pretesa spesso infausta di diventare espressione, di materializzarsi secondo una concatenazione di simboli, formando delle lunghe catene(frasi), intrecciate insieme (periodi), che hanno la curiosa caratteristica di costruire agglomerati come grandi condomini nei quali le relazioni tra gli inquilini (i periodi) sono soggetti alle stesse regole vigenti nei palazzi condominiali, cioè formali fino a che non nascono simpatie più o meno spontanee tra vicini di pianerottolo, da cui scambi di ricette, passaggi di pietanze, informazioni circa gli spettacoli televisivi, scambi di idee politiche (cautamente), scambi di coppia(ancora più cautamente), diciamo relazioni, da cui narrazioni, speculazioni, riflessioni che si compongono nello stretto spazio che separa i rispettivi zerbini di casa (e lo spazio ristretto della filosofia spesso genera mostri), e questi strani agglomerati quando diventano spropositati occupano aree vastissime, costellazioni letterarie ( romanzi, grappoli di racconti, raccolte di saggi), che sono dotate di vita propria ma non necessariamente di senso, proprio come le grandi costruzioni periferiche aliene, grigio-nebbia, che non cessano di stupire per l'universo relazionale che racchiudono. Intrecci di persone, intrecci di pensieri. Curiosa pretesa quella di un fantasma (un pensiero, proprio uno svolazzo), di diventare persona, pare di sentirlo il fantasma: "Ehi amico, non mi fare lo scherzo di lasciarmi andare, non mi va di perdermi nel vuoto infinito, se hai questa intenzione fatti da parte e lascia il posto a qualcuno più ambizioso, altrimenti scrivi la mia vita, o qualcosa di simile, diciamo la mia scheda anagrafica... devi fare come un impiegato dell'ufficio anagrafe, prendere le generalità e rilasciare un certificato di esistenza in vita (il surrealismo è nato in un ufficio del catasto), comunque... ho il diritto di esistere anch'io e se esisto io esisti anche tu, caro il mio scrittore, io sono un pensiero e se non mi scrivi, tu non ci sei, chiaro?" Chiaro! Ma calmati... allora: esiste lo statuto dei lettori, scritto dal grande costituzionalsta Daniel Pennac, pietra miliare del corpus giuridico letterario, prima edizione 1993, e seguenti ristampe, con tutte le regole per le quali l'attività di lettore è salvaguardata e definita nei suoi diritti, come si dice, imprescrittibili, ma non esiste una costituzione simile che individui le regole per uno scrittore. È vero. Allora aggiriamo il problema (nel senso di girarci attorno). Regola numero uno: quando non si individua la soluzione a un problema, occorre girarci attorno, fare girotondo, che equivale a parlarci sopra, così che la turbolenza dialettica che si deteminerà avrà lo scopo di far credere che una soluzione è sempre possibile finché si parla del problema, (si sa che non è così in questo caso) ma si fa per amore delle costruzioni impossibili, perchè ci piace, e perché abbiamo tempo da perdere*. Nota di metà pagina: * ho sempre pensato (e di sicuro l'ha pensato qualcun altro, anche se non saprei dire chi) che il tempo impiegato meglio è quello perso, che configura una riappropriazione del tempo libero, o meglio liberato dalle regole canoniche del lavoro (tempo utile, tempo della produzione), da cui il tempo perso è tempo sottratto fondamentalmente alla produzione, e come tempo divagante, che vaga senza costrutto utilitaristico è per questo prerivoluzionario, vale a dire una premessa rivoluzionaria, e volendo essere ottimisti una promessa di radicale cambiamento etico. Fine della nota. È curioso ma per parlare dello scrittore bisogna parlare del lettore ancora una volta, le due cose vanno insieme, e si può dire che uno scrittore continua la sua attività di lettore dall'altra parte della scrivania, passa da un campo all'altro ma rimane sempre immerso nello stesso acquario. Uno scrittore è una specie di apolide, o meglio uno che ha la doppia cittadinanza, quando legge appartiene alla libera repubblica dei lettori, il cui statuto è stato sancito...eccetera eccetera, e quando scrive, diventa un autarchico, uno che fa da sé, uno che non vuole aiuto da nessuno per le sue cose (ma poi non è sempre così), è un anarchico che non riconosce nessuno stato e nessuna repubblica, è il monarca di se stesso, una monade, un frammento di coscienza affetto da nomadismo congenito, in pratica un "rom" che trova il suo cammino percorrendolo senz'altra meta che se stesso. Da cui un aforisma: Cammino dunque sono, se sono penso, e per amore del pensiero scrivo. Lo scrittore è dunque un uomo che ama. Ama il suo cammino, il suo pensiero, l'espressione di quel pensiero, le parole con cui si esprime, la sua scrittura. Detto questo non ho detto nulla, appunto, ci giro attorno al problema. La monade (lo scrittore), a differenza del lettore (elemento costitutivo della repubblica dei lettori, un repubblicano, un democratico) che ha bisogno dello scrittore per essere quello che è, è un personaggio a cui non è necessaria la partecipazione del lettore, la pratica dello scrivere non ne prevede la collaborazione, al punto che lo scrittore può essere tale anche con un solo lettore: se stesso. Diciamo però che a lungo andare la cosa è frustrante, scrivere e leggersi e null'altro rimane pratica onanistica oltre ogni umana comprensione, e ogni scrittore dotato di una normale dose di erotismo, gli scrittori devono aver sviluppato molto la ghiandola eros (e anche thanatos, i due plessi vanno insieme), per poter scrivere decentemente, ambisce ad estendere il suo erotismo alla maggior quantità di persone possibili, vale a dire conquistare le persone con la forza della seduzione, e si può anche dire che lo scrivere è dunque la continuazione della guerra con altri mezzi. E lo scrittore è il capo di stato maggiore delle forze in campo. Un' ultima divagazione. Le monadi sono in se stesse campi di forze che si attraggono e si respingono, cioè hanno cariche positive e negative e hanno tendenze a caricarsi e a unirisi con quelle dello stesso segno, alcune sono perfino neutre, e sono quelle che hanno il privilegio di accettare o respingere quello che credono opportuno o proseguire il loro cammino in solitaria determinazione, altri si aggregano in gruppi che trattano generi e argomenti di interesse comuni mettendo in comune, appunto, esperienze varie allo scopo di sfaccettare meglio il genere o la questione trattata, c'è quindi una grande varietà di climi sotto il cielo letterario, e vaghezze e diffussissime opinioni, come si conviene e si deve, ma che siano gruppi o conventicole o illustri solitari rimane il fatto che sono tutti iscritti senza tessera nella comunità dei comunicatori a titolo provvisorio che siano altolocati o basso locati, in buona o cattiva fede, in aitri termini, sinteticamente, sono scrittori. di Ivano Nanni

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