Sulla serata
conviviale/musicale “Napoli, inferno e paradiso”
Gabriele
Bersanetti, 'o attore, in smoking con l'aplomb di un gentlemanno o forse anche
baron fottuto, come il grande lirico Giacomo aveva battezzato i napuletani, lui
che ha abitato in via Pero, e che amava quella nobile latrina e c'ha vissuto ed
è pure morto e sepulto in quella città che da sola è un regno, un solo unico
quartiere d'Italia, e capitale d'Europa, ha aperto la danza dei versi più
latrinosi che si potessero scovare su carta: abbiamo tuccato 'o funno, s'è
sentito da un tavolino, pardon per la pronuncia scritta. Ah, ma allora è vero,
qui a Napoli c'è qualcosa che funziona! La grammatica, certamente. È come la
filosofia, ognuno c'ha la propria e tutte quante fanno acqua.
Bersanetti
bolognese con aspirazioni alla cittadinanza onoraria come Claudio, il padrone
di Casa Ala d'Oro, oro di Napule, certamente, ha iniziato a leggere 'o
brinnese, e allora mo' non so che dire, me so' commosso, e allora... Punto e
punto e virgola. E poi s'è iniziato a magnare. Risate, anzi sghignazzate che ci
stanno nel clima torrido della serata, le bocche si strafogavano nel riso incontrollato con i maccaruni che in
gola a issa facevano un saltapicchio con la canzuncella. E che se beve? Un
greco beneventano ghiacciato into a secchiello, tanto per gradire. Ma poi chi
altro c'era? Beh Mimmo, 'o pittore, quello della mostra il patafisico, eh le
sue cose mica le capisco però so' belle e questo credete a me non è poco, in
'sta chiavica di mondo se si distingue quello che è buono da quello che non lo
è, allora vuol dire che ancora un po' di sale in zucca c'è l'abbiamo. E poi
insieme, 'o attore e 'o pittore se sono messi ha recitare delle poesie, di
quelle cose che c'hanno pure la rima ma che parlano di cose della vita, ma di quella
bassa, di quelle robe che certe menti raffinate non se le godono per niente,
anzi le schifano proprio. E fanno male. E sono andati avanti cussì a leggere
per tutta la serata, ma voi amici, quelli che non c'erano, vi siete persi oltre
a loro, una voce, una bellezza, che mandava certi vocalizzi che faceva tremare
i tavolini e lo stomaco, e andava far bollire sangue carne e scompigliava i
caville.
Tra il secondo di pizza, mozzarella, pommodori, e cuniglio, passavano
certe canzuncelle fresche d'annata, eh, belle assai, e poi cantate con quel
sanguigno che c'è nella voce e nelle parole delle canzoni napoletane. E tra uno
scherzo e un lazzo, siamo arrivati alla
crema con il babà e allora ci stava pure la tammurriata. E si sono alzati
tutti, pure i signori e le signore che battevamo le mani e sembravano
posseduti,come si dice, dal demone meridiano, e
anche certi svolazzi di gonne so' stati apprezzati. E ti credo che si
battevano le mani, la musica pareva manna che scurresse da una fessura del
cielo. Si farà 'o gemellaggio si diceva, con Napule? Mah, forse. Se ci si mette
d'accordo si può iniziare a fare scambi culturali, e tanto per iniziare
potremmo dare la cittadinanza onoraria a Mario Persico, e pure a Mario Martone, o' regista dei Vesuviani,
uno che potrebbe diventare lughese, sempre che non abbia impegni.
Firmato: Ivann'a 'o scribacchine.
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