Francesco Pecoraro è stato ospite del Caffè Letterario di
Lugo venerdì 22 maggio 2015 per presentare il suo romanzo "La vita in
tempo di pace” edito da Ponte alle Grazie.
Nell'ultimo anno ho girato l'Italia per promuovere il libro.
E ancora una volta mi sono stupito della specificità che mantengono i luoghi e
le culture, le città, piccole e grandi. Mi sono sorpreso della singolarità di
forma e contenuto che conservano, come sotto insiemi di culture locali più
ampie e queste a loro volta come sotto-insiemi del grande gruppo
geo-linguistico peninsulare. Cioè di tutti quelli che da millenni vivono a sud
delle Alpi come in un giardino, ma indifesi e ripetutamente invasi, talmente
appagati del loro vivere in un luogo rispetto al quale il Nord-Europa era un
«terzo mondo» (Braudel) – intirizzito dal clima, dal principio di realtà e
dalle istanze etiche che ancora si vedono bene nella loro arte e nella loro
politica – mentre noi eravamo così apparentemente soddisfatti e slombati dalla
natura e dalla generosità dei luoghi, da restarcene per secoli a coltivare le
lingue e le peculiarità locali, fino a produrne in grande quantità, fino alla
creazione di una civiltà autentitacamente, e in ogni aspetto, multipolare.
È con in mente questi pensieri banali che scendo alla
stazione di Lugo. E di nuovo dopo pochi minuti di automobile ho la conferma di
quest'idea di un'Italia irriducibilmente molteplice. Lugo sarà anche
"profonda Romagna" – non conosco la Romagna se non superficialmente
per averla visitata casualmente e di sfuggita, per averla talvolta percorsa velocemente
– ma è sicuramente una cosa che definirei Lugo-Lugo, cioè qualcosa che pur
avendo molto in comune con la sua cultura generale di appartenenza, conserva
una misteriosa (per me) specificità locale. Non è strano che una città si
riassuma nel suo monumento, per così dire, di rappresentanza. Ma è singolare
che Lugo si possa segnalare per una gigantesca ala di travertino bianco, alta
quasi trenta metri, piantata in verticale in una piattaforma e dietro la
statua, molto novecentesca e perciò sintetica, plastica, geometrica,
enigmatica, di un eroe dell'aria, Francesco Baracca, il cui mestiere principale
fu, finché non ci rimise la vita, abbattere aerei austriaci durante la Prima
Mondiale.
Strano che la necessità retorica del regime fascista di celebrare quest'uomo, abbia così meravigliosamente segnato un luogo di per sé non molto forte e, come ben sanno i suoi abitanti più avvertiti e colti, naturalmente «metafisico». È la dilatazione di spazi, indelebilmente improntati da tracciati romani – accentuata dagli interventi fascisti, del resto non completi – e la presenza di oggetti edilizi totalmente diacronici e autonomi, giustapposti attorno a un grande spazio centrale, che palesemente confliggono nel loro starsene per proprio conto, come il Pavaglione, la Rocca Estense, il gigantesco monumento a Baracca, a produrre, per così dire, lo straniamento spaziale che dopo le intuizioni di De Chirico tutti chiamiamo metafisico. È quando lo spazio urbano, invece di accoglierti e contenerti, ti disorienta, ti stranisce, ti immalinconisce. Sono sicuro, sicurissimo, che qui a Lugo, in una qualche ora del giorno, forse nei pomeriggi di giugno, si rivela qualcosa di inesprimibile, di non raccontabile. Peccato per me la pioggia.
Strano che la necessità retorica del regime fascista di celebrare quest'uomo, abbia così meravigliosamente segnato un luogo di per sé non molto forte e, come ben sanno i suoi abitanti più avvertiti e colti, naturalmente «metafisico». È la dilatazione di spazi, indelebilmente improntati da tracciati romani – accentuata dagli interventi fascisti, del resto non completi – e la presenza di oggetti edilizi totalmente diacronici e autonomi, giustapposti attorno a un grande spazio centrale, che palesemente confliggono nel loro starsene per proprio conto, come il Pavaglione, la Rocca Estense, il gigantesco monumento a Baracca, a produrre, per così dire, lo straniamento spaziale che dopo le intuizioni di De Chirico tutti chiamiamo metafisico. È quando lo spazio urbano, invece di accoglierti e contenerti, ti disorienta, ti stranisce, ti immalinconisce. Sono sicuro, sicurissimo, che qui a Lugo, in una qualche ora del giorno, forse nei pomeriggi di giugno, si rivela qualcosa di inesprimibile, di non raccontabile. Peccato per me la pioggia.
di Francesco Pecoraro
disegno di Francesco Pecoraro
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