Lugo,
due sillabe; la lingua che batte in alto sul palato per subito precipitare.
Lugo, che si è scordato una “o” per essere un luogo a tutto tondo e che si è
scordato una “enne” per diventare lungo come un serpentello di pianura. Lugo go,
vai: qualcosa che è più di quanto ti aspetti e che ha sempre un quasi che gli manca
per fare il tutto. Lugo, la più rampante tra le città piatte della pianura, piatta
piatta si innalza sempre orgogliosa: la rocca un po’ più in alto della piazza,
la stele di Baracca, come un obelisco, le fiamme che s’innalzano per avvolgere
Relencini. S’innalza la piatta Lugo con un sempre a suo modo, un quasi, un
come, un orgoglioso rovescio. Dà alla Ferrari il cavallino rampante, però è
disegnato al contrario; ha una forte rocca estense, che finisce al papa e non
serve a difendere; è il paese di Rossini, che però non si ferma qui a suonare;
è il paese di Andrea Relencini, bruciato sul rogo per la fede protestante, ma
la lapide gliela fa un massone. E’ Olindo Guerrini, che lavorava per un
giornale chiamato “Il matto”, naturalmente.
C’è
una benefica vena di follia che attraversa Lugo ad ogni età, dal rogo al
palazzone, dall’Inquisizione all’urbanistica che costruisce un mostro civico
per chiudere un lato del Paviglione. Lugo ti senti a casa e di passaggio
insieme. A casa ti fanno i cittadini che ti osservano; di passaggio le vie
lunghe che paiono consigliarti di camminare svelto. Lugo: mi fermo davanti alla
cappelleria inglese, dove la città diventa museo, dove la vetrina espone la traccia
di quello che siamo stati. Lugo: mi fermo un po’ più in là, all’ingresso di
piazza della Repubblica, la galleria con i negozi anni Settanta già chiusi, la traccia
putrefatta di ciò che è stato un passare di qua.
Nel
palazzo osservo i quadri che ritraggono Rossini, con la sua mano nel corpetto
scuro. Un gesto, un simbolo: è massone pure lui? Che l’anticlericalismo qui,
per segretezza, si sia spinto sino a diventare un clericalismo inverso?
Vista
dall’alto, la piazza ha un solo segno non geometricamente collocato: l’edicola
d’angolo. Salviamo, salviamola subito che presto sarà come il cappellaio
inglese che è come il cappellaio matto, che è come “Il Matto” tra i giornali…
che i giornali sono anche loro, oggi, messi al rogo, come chi critica è messo al
rogo, come chi pensa, come chi ripensa, come chi dissente... Anche come chi
finge. E qui c’è anche la finzione: la casa finto rinascimento sull’angolo
della strada, con un clipeo del povero Mengoni, l’architetto che dalla galleria
di Milano si buttò per paura di cadere.
Ecco, Lugo è resistente: prima Relencini; poi, al balcone, Garibaldi; poi la Resistenza… “Di quella pira”, mi vien da dire; ma è il compositore sbagliato. Meglio pensare a quando Rossini lasciava Wagner a bocca aperta dicendogli: “Pardon monsieur, ma ho sul fuoco una lombata di capriolo. Deve essere innaffiata di continuo”. Lugo, tutto stipato in due sillabe: la “g” di goliardia, la “l” di libertà.
Ecco, Lugo è resistente: prima Relencini; poi, al balcone, Garibaldi; poi la Resistenza… “Di quella pira”, mi vien da dire; ma è il compositore sbagliato. Meglio pensare a quando Rossini lasciava Wagner a bocca aperta dicendogli: “Pardon monsieur, ma ho sul fuoco una lombata di capriolo. Deve essere innaffiata di continuo”. Lugo, tutto stipato in due sillabe: la “g” di goliardia, la “l” di libertà.
di Pierluigi
Panza
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