Lunedì 30 novembre, alle ore 21.00, nella Sala Conferenze
dell’Hotel Ala d’Oro di Lugo ancora una serata dedicata alla Romagna e al suo
dialetto con il volume “La valisa”, raccolta poetica inedita di Gino Nostri di
cui quest’anno ricorrono i dieci anni della scomparsa. A condurre e a leggere le poesie del
poeta/albergatore bagnacavallese (ma trapiantato a Lugo fin dal 1952 quando
aprì l’Hotel Ala d’Oro) saranno il figlio di Gino, Claudio Nostri e l’attore
Gianni Parmiani. Come sempre la serata si concluderà con il consueto brindisi
offerto dal Gruppo Cevico. Il ricavato del libro, edito dalle Edizioni del Bradipo, sarà devoluto alla nostra Associazione Culturale “Caffè Letterario di Lugo” che
in questi 10 anni di vita ha prodotto più di 500 incontri culturali gratuiti e
aperti a tutti.
A 10 anni dalla
scomparsa di Gino Nostri e a ormai 17 dalla pubblicazione della sua raccolta di
poesie in dialetto Ai putì dé fugh sono pubblicate in un nuovo volume le rime che Gino
scrisse negli ultimi anni della sua vita. Le poesie pubblicate in questo libro
sono tutte inedite. Alcune di queste sono state scritte prima del ’98, anno di
pubblicazione di Ai putì de fugh, e per volontà dell’autore, non furono
inserite nel libro per il loro tono decisamente anticlericale e per
l’abbondante uso di termini tratti dal
vocabolario del miglior turpiloquio popolare romagnolo. Va ricordato che
l’intero incasso della vendita del libro, fu interamente devoluto al “Comitato
di Solidarietà Lugo – Sao Bernardo” diretto dalla Diocesi di Imola e Gino forse
per un eccesso di sensibilità verso i beneficiari decise di non pubblicare le
sue quartine più dissacranti e meno castigate.
Ora, queste, vengono date alle stampe assieme a quelle
scritte fra il 1998 e il 2005, fino ad arrivare all’ultima, La valisa, scritta
pochi giorni prima della morte e scelta come titolo di questa nuova raccolta. Le poesie non sono ordinate
cronologicamente per data di composizione
ma piuttosto seguono un sottile ordine tematico che parte da una sorta
di dichiarazione poetica iniziale per passare ai ricordi rurali della
giovinezza, al dopoguerra, a considerazioni sul mondo di oggi, per finire con
una riflessione amara e cinica sulla vecchiaia; un vero e proprio, ironico, de senectute in romagnolo.
Credo che se qualcuno avesse parlato di poetica con Gino lui
non l’avrebbe preso sul serio. Penso che avrebbe scritto una zirudela che
avrebbe preso in giro se stesso come poeta, la poetica e le pretese di certi
che volevano vedere quello che non c’era. “Ma quale poeta, io poeta? Poeta me,
ma per favore. Sono ben altri i poeti - questo avrebbe detto - cosa c’entro io
con i poeti. Le mie poesie diciamo così, sono scherzi di strada o di bottega,
delle cose sentite, riferite, dei fatterelli detti in rima per stare insieme
agli amici nelle sere d’estate, facendo trebbo in una casa di campagna e
passare qualche ora lieta a ricordare e a cantare”.
Allora poeta o no che fosse, che poeta è una parola
difficile e che l’arte poetica non si inventa dal nulla, è in parte lavoro e in
parte grazia divina, Gino sapeva mettere in versi le cose della vita e quel
tanto di grazia per scrivere nella sua lingua madre l’aveva ricevuta. Trovare rime
non è facile, non è cosa da tutti, e “il poeta piccolo”, le trovava le rime ed
è stata una fortuna. C’è chi le cerca per tutta la vita e non le trova mai. (dalla prefazione di Ivano Nanni)
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