Queste le immagini della serata di venerdì 1 marzo con Fulvio
De Nigris che ha presentato il suo libro “Sento che ci sei” edito da Rizzoli. A
fare gli onori di casa al giornalista bolognese e ad introdurre la serata è
stato il Dott. Virgilio Ricci, primario del reparto di “Terapia del dolore e
cure palliative” dell'Ospedale Umberto I di Lugo, nonché presidente del
comitato scientifico dell’Associazione di Volontariato “PeNSo”, grazie alla
quale è stato possibile organizzare questo incontro.
Una serata davvero intensa e toccante, dove De Nigris ha
raccontato come il dolore per la perdita di un figlio si sia trasformato in una
voglia di reazione che l’ha portato alla realizzazione della “Casa dei Risvegli Luca De Nigris” all’interno
dell’Ospedale Bellaria di Bologna.
La “Casa dei Risvegli Luca De Nigris” nasce come progetto nel 1998
dall’incontro fra l’associazione di volontariato “Gli amici di Luca” e l’Ausl
di Bologna ed è attiva dal Marzo 2005. E’ un nodo di una rete per grave o
gravissima cerebrolesione acquisita che, a Bologna, assiste circa 200 persone
all’anno, fra le quali circa 40 necessitano di assistenza ospedaliera
protratta.
Ma Il libro di De Nigris punta al “risveglio dei non coinvolti”, come scrive
nella prefazione Alessandro Bergonzoni, “dei sani cronici, dei fortunati dei
bene-stanti, perché sono quelli che hanno gli organi dell’immedesimazione
atrofizzati”; ed è un continuo dialogo con quanti hanno vissuto o stanno
vivendo un’esperienza di coma, di relazione difficile con una persona cara, di
sfida continua con la medicina e con la vita.
Nel solco dell’esperienza vissuta personalmente da Fulvio De
Nigris, “Sento che ci sei” vuole anche farsi momento di aiuto appellandosi alla
risorsa che ognuno ha nel proprio intimo: se stesso.
“Io vi ho detto quello che ho provato, che ho imparato – scrive De Nigris nelle
conclusioni del libro – quello che conosco e ve l’ho donato, essendo il tramite
di quello che Luca è stato e ancora è. Ora tocca a voi. Ditelo, scrivetelo,
agitelo. Che abbiate perduto un figlio o una persona cara, che ancora stiate
vivendo il percorso di una disabilità, del coma e dello stato vegetativo, siate
portavoci della vostra storia non per un fine narcisistico, ma per cambiare
qualcosa. Siate propositivi in quel gruppo che ogni giorno, ahimè, si allarga a
macchia d’olio, in quella minoranza-maggioranza silenziosa che ha a che fare
con la burocrazia, con una quotidianità scandita da tempi, valori, sapori
diversi”.
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