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martedì 11 giugno 2013

"Ulisse e il suo ritorno" di IVANO NANNI


“Secondo un'antica definizione l'lliade sarebbe il poema dell'ardimento giovanile e l'Odissea quello della riflessione matura, del tramonto dell'età eroica”, così  scrive Fausto Codino nella prefazione all'Odissea, poi continua  dicendo che in realtà entrambi i poemi chiudono un periodo storico definito come “medioevo greco” lasciando successivamente il passo alla poesia lirica. E questo medioevo greco è un periodo oscuro,  misterioso e remoto, avvolto in una mitica  evanescenza, brillante per superiorità  di eroi e audaci imprese, battaglie e assedi decennali su spiagge appartate sotto lo sguardo fazioso di divinità olimpiche perfettamente schierate e decisive per le sorti delle umane vicende, un periodo  che termina con il rientro  in patria degli eroi sopravvissuti. Le battaglie si quietano, le armi vengono deposte, i lucidi pugnali di bronzo rinfoderati, gli eroi invecchiati e dagli occhi spenti  risalgono sulle nere navi e tentano un ritorno assai pericoloso verso le case che hanno lasciato ancora giovani. Il primo spiraglio dell'umano divenire occhieggia tra le barbe canute sotto forma di nostalgia di casa.
Ogni eroe greco ha la sua Odissea. Nestore torna nella sua reggia dopo anni di travagli. Menelao rientra in Sparta ormai vecchio e, spento ogni ardore guerresco, accetta sotto il suo tetto Elena la fedifraga moglie. Ad entrambi Telemaco fa visita ricevendone racconti dai quali egli tenta la ricostruzione del volto del padre soffuso di gloria e di divina luminosità.
Ulisse,  spirito multiforme, ingegno eclettico e prodigiosamente metamorfico al figlio si presenta in umili sembianze.  Si adatta alle situazioni, spinto dalla curiosità eccede in fiducia portando alle soglie dell'ardimento ogni forma di conoscenza  che spesso procura a sé e ai suoi compagni infiniti guai e non pochi lutti. È l'esempio dell'uomo d'azione che si scopre paziente per raggiungere meglio i suoi scopi, che sa aspettare e progettare la vendetta che architetta nell'ombra con pochi fedelissimi, Eumeo, Telemaco,  arrivati increduli al riconoscimento e pronti ad eseguire ogni ordine di Ulisse, spirito costante.
La vendetta di Ulisse si compie ineluttabile con il pieno sostegno di Atena che lo vuole vittorioso sugli usurpatori ai quali non viene riconosciuta nessuna attenuante generica o specifica. A nulla valgono le parole di Eurimaco dopo la morte di Antinoo, l'istigatore dell'oltraggio alla casa di Ulisse, egli uccide tutti, si fa giustizia da solo, antico retaggio iliadico, dove tutti parlano di dei e tutti immancabilmente passano alle armi. Eppure nelle parole di Eumeo e di Laerte si fa strada la speranza per una giustizia divina, unico e salvifico tribunale nel quale gli umili possono credere. Un'umanità silenziosa, umile, appartata  prende il posto dell' ardire degli eroi, compariranno tra non molto i filosofi e i commercianti, i letterati e gli artigiani e la giustizia passerà non indenne dal filtro della legge.
di Ivano Nanni

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