Sull'incontro di domenica 18 maggio con
la scrittore Franco Cordelli che ha presentato il suo libro “L’Italia di
mattina. Il romanzo del Giro d’Italia.” edito
da Perrone Editore
Panzini,
Soffici, Alvaro, Cardarelli, Gadda, Buzzati, Malaparte, Pratolini, Sciascia,
Carlo Levi, Soldati, Celati, Venturi, Gatto. Gli scrittori prestati al
giornalismo sportivo, ed in particolar modo alla storia del giro d’Italia, si
presentano nelle parole di Cordelli e del relatore come i corridori al momento
delle firme prima dell’inizio della tappa. E’ come essere ad in una sala stampa
poco prima o poco dopo la corsa.
L’autore
presenta il suo libro, “L’Italia di mattina”, dedicato al Giro ed oggi alla
terza ristampa, un testo nel quale, letteratura di viaggio, giornalismo
sportivo e critica sociale si fondono insieme armoniosamente, così come
armonica si presenta la lettura del testo dell’autore, con tratti
preraffaelliti e sfumate venature poetiche, quasi arcadiche, nel presentare i
vari paesaggi attraversati da inseguitore della maglia rosa. Splendide sono le
pagine in cui viene, ad esempio, descritta l’Umbria, “cuore d’Italia” e spunto
per passare dai paesaggi di questa regione ad uno dei temi principali del
testo, ossia la violenza degli architetti, categoria professionale invisa
all’autore, nei confronti della bellezza paesaggistica dell’Italia.
La
presentazione del libro si arricchisce involontariamente di gesti epici nella
storia del ciclismo, come il passaggio della bottiglietta durante l’incontro
coi lettori, come sul passo di Galibier tra Coppi e Bartali e di passaggi di
letteratura alta, come quella di Buzzati, uno tra i primi autori ad occuparsi
del Giro e sicuramente uno dei migliori. Del ciclismo, in Buzzati come in
Cordelli, si sottolinea la fatica di questo sport, “glorioso e povero”, mentre
nel corridore si trova un riflesso dello scrittore, nell’evoluzione dello stile
dell’uno quella dell’altro, nella globalizzazione della prima categoria la
mondializzazione della seconda. Ogni parola spesa per il ciclismo può essere
utilizzata per le vicende politiche nazionali o per riflessioni politiche e
sociali sull’era della globalizzazione o ancora sul mestiere di scrivere.
La
storia di Evans, maglia rosa del Giro in corso al momento della presentazione
del libro, australiano con moglie ticinese e figlio adottivo etiope descrive
così la Roma in cui Cordelli vive circondato da gruppi di persone di differenti
provenienze, con cui l’autore socializza volentieri per avere prospettive
diverse sul proprio Paese e sul mondo in generale, così come alla domanda sugli
autori italiani da leggere nella letteratura contemporanea, su cui l’autore si
esprimerà lungamente in chiusura di serata, mostra come sia impossibile vedere
solo all’Italia per citare degli autori degni d’esser letti in un mondo in cui
America Latina, Estremo oriente o Africa offrono prodotti letterari di prim’ordine
che contaminano, arricchiscono e formano la letteratura di oggi.
La
natura del Giro, inoltre, la corsa più difficile nel Paese più bello del mondo,
va modificandosi, mostrando aspetti dello sport e della vita odierna
completamente diversi rispetto al passato, più o meno recente. La fatica del
pedalare sulle prime pesantissime bici è sostituito dalla snella agilità di
quelle di oggi dove la scienza migliora del prestazioni del mezzo, l’arte della
manutenzione della bicicletta, come in Pirsig, muta il rapporto del ciclista
con la stessa, influendo su quel concetto di Qualità che riempie di se la corsa
e copre come con una lente l’occhio che osserva e le strade percorse.
Come
nel testo di Pirsig, anche in quello di Cordelli si percepisce la differenza
nell’osservare il mondo che ci passa accanto a seconda che lo si attraversi in
macchina, nell’inquadratura veloce del finestrino, regolata ai bordi, fuggente
o in bici (in moto in Pirsig), amplia, senza misura, armonizzata con un ritmo
naturale determinato da venti e pendenze. Con la velocità del mezzo cresce il
senso di routine, di “già visto” di continuo e “solito”, mentre il passo più o
meno lento consente la profondità dello sguardo, l’immersione dell’occhio
nell’oggetto esterno, il senso delle cose, una lingua in grado esprimere le
impressioni che suona come i raggi nel vento.
L’opera
di Cordelli cambia, riflette su se stessa, si rielabora. Nato da articoli
scritti in occasione del Giro dell’89, il testo diventa racconto, quasi
romanzo, con il semplice di una prima persona che diventa terza e che parla,
pienamente parla, non solo della corsa ma anche di altri testi scritti su
questa epopea sportiva. C’è Carlo Levi, di cui, nelle tappe di Sicilia si
ricorda che le lacrime diventan parole e le parole son pietre, ma è soprattutto
il confronto ed il tributo a Buzzati che emerge, condividendo di quest’autore,
non pochi spunti ed idee, come ad esempio la fatica del ciclismo (o dello
scrivere) che è una delle forme della fatica di vivere in cui si perdono gli uomini,
o la memoria dei campioni, dei vincenti, che spesso nasconde le fatiche degli
eroi, di tutti quei gregari, che nel ciclismo come in tutte le cose umane,
percorrono gli stessi chilometri degli altri, lanciano la volata del primo e
poi scompaiono nella polvere che si alza dietro il vincitore.
Il
romanzo del ciclismo diventa mille altri romanzi insieme: romanzo su Buzzati,
figura sulla quale ed intorno alla quale ruotano i ricordi del narratore,
romanzo sulla corsa e sulla scrittura (e sulla lettura; forti ed emblematiche
le riflessioni sui classici italiani, da Dante ad Ariosto a Calvino che
sembrano rappresentare in vario modo le caratteristiche delle tappe di una
corsa), romanzo ancora sul paesaggio italiano, protagonista principale e quasi
in dissolvenza a causa dell’edilizia divoratrice dello stesso, romanzo sul
romanzo di viaggio, genere difficile oggi che non serve un reporter come Marco
Polo o i grandi esploratori del ‘500 essendo possibile “vedere” in prima
persona i luoghi che un tempo potevano solo essere immaginati, così che se non
fosse per alcuni tratti ironici e stilisti di Cordelli e di pochi altri autori
(Chatwin ed il suo viaggiare-vagabondare) tali testi non avrebbero alcun appeal
sul lettore. Non importa che autori come Ceronetti regalino momenti di saggezza
nei loro testi, non il nome dell’autore attrae più, ma il tema trattato.
L’uomo
vuole oramai essere nel cuore del mondo, attraversarlo rapidamente, come se
velocità ed intensità fossero un Uno, invece di sfiorarlo e di lasciarselo
dietro come una scia di impressioni stracciata dallo pneumatico sottile
sull’asfalto, sentire, senza aver bisogno di sentire dei tifosi ad
accompagnarci, delle urla fugaci da cui farsi segnare e poi superare, come
invece avverrebbe per il calcio, percepire la festa, un tratto di fatica
condiviso tra gli atleti e i supporter, in un ricambio “del sacrificio al
sacrificio” cui solo piccoli gruppi e non le masse si possono dedicare. Sul
testo di Cordelli ci sarebbe da scrivere un testo parallelo tanto si intrecciano
società e sport e letteratura e politica nelle sue pagine e tanto lui offre
durante l’incontro, dalle riflessioni sulla società attuale agli autori da
leggere a quella visione di “nuovo mondo che è già arrivato” a quella voce
antica e lirica, aperta e buona, che si muove nel mondo tracciando nel viaggio
una quasi impossibile ed arcadica geografia delle emozioni.
di Vittorio Musca
Nessun commento:
Posta un commento