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lunedì 26 maggio 2014

“La letteratura e l’arte della manutenzione della bicicletta” di VITTORIO MUSCA

Sull'incontro di domenica 18 maggio con la scrittore Franco Cordelli che ha presentato il suo libro “L’Italia di mattina. Il romanzo del Giro d’Italia.” edito da Perrone Editore

Panzini, Soffici, Alvaro, Cardarelli, Gadda, Buzzati, Malaparte, Pratolini, Sciascia, Carlo Levi, Soldati, Celati, Venturi, Gatto. Gli scrittori prestati al giornalismo sportivo, ed in particolar modo alla storia del giro d’Italia, si presentano nelle parole di Cordelli e del relatore come i corridori al momento delle firme prima dell’inizio della tappa. E’ come essere ad in una sala stampa poco prima o poco dopo la corsa.
L’autore presenta il suo libro, “L’Italia di mattina”, dedicato al Giro ed oggi alla terza ristampa, un testo nel quale, letteratura di viaggio, giornalismo sportivo e critica sociale si fondono insieme armoniosamente, così come armonica si presenta la lettura del testo dell’autore, con tratti preraffaelliti e sfumate venature poetiche, quasi arcadiche, nel presentare i vari paesaggi attraversati da inseguitore della maglia rosa. Splendide sono le pagine in cui viene, ad esempio, descritta l’Umbria, “cuore d’Italia” e spunto per passare dai paesaggi di questa regione ad uno dei temi principali del testo, ossia la violenza degli architetti, categoria professionale invisa all’autore, nei confronti della bellezza paesaggistica dell’Italia.
La presentazione del libro si arricchisce involontariamente di gesti epici nella storia del ciclismo, come il passaggio della bottiglietta durante l’incontro coi lettori, come sul passo di Galibier tra Coppi e Bartali e di passaggi di letteratura alta, come quella di Buzzati, uno tra i primi autori ad occuparsi del Giro e sicuramente uno dei migliori. Del ciclismo, in Buzzati come in Cordelli, si sottolinea la fatica di questo sport, “glorioso e povero”, mentre nel corridore si trova un riflesso dello scrittore, nell’evoluzione dello stile dell’uno quella dell’altro, nella globalizzazione della prima categoria la mondializzazione della seconda. Ogni parola spesa per il ciclismo può essere utilizzata per le vicende politiche nazionali o per riflessioni politiche e sociali sull’era della globalizzazione o ancora sul mestiere di scrivere.
La storia di Evans, maglia rosa del Giro in corso al momento della presentazione del libro, australiano con moglie ticinese e figlio adottivo etiope descrive così la Roma in cui Cordelli vive circondato da gruppi di persone di differenti provenienze, con cui l’autore socializza volentieri per avere prospettive diverse sul proprio Paese e sul mondo in generale, così come alla domanda sugli autori italiani da leggere nella letteratura contemporanea, su cui l’autore si esprimerà lungamente in chiusura di serata, mostra come sia impossibile vedere solo all’Italia per citare degli autori degni d’esser letti in un mondo in cui America Latina, Estremo oriente o Africa offrono prodotti letterari di prim’ordine che contaminano, arricchiscono e formano la letteratura di oggi.
La natura del Giro, inoltre, la corsa più difficile nel Paese più bello del mondo, va modificandosi, mostrando aspetti dello sport e della vita odierna completamente diversi rispetto al passato, più o meno recente. La fatica del pedalare sulle prime pesantissime bici è sostituito dalla snella agilità di quelle di oggi dove la scienza migliora del prestazioni del mezzo, l’arte della manutenzione della bicicletta, come in Pirsig, muta il rapporto del ciclista con la stessa, influendo su quel concetto di Qualità che riempie di se la corsa e copre come con una lente l’occhio che osserva e le strade percorse.
Come nel testo di Pirsig, anche in quello di Cordelli si percepisce la differenza nell’osservare il mondo che ci passa accanto a seconda che lo si attraversi in macchina, nell’inquadratura veloce del finestrino, regolata ai bordi, fuggente o in bici (in moto in Pirsig), amplia, senza misura, armonizzata con un ritmo naturale determinato da venti e pendenze. Con la velocità del mezzo cresce il senso di routine, di “già visto” di continuo e “solito”, mentre il passo più o meno lento consente la profondità dello sguardo, l’immersione dell’occhio nell’oggetto esterno, il senso delle cose, una lingua in grado esprimere le impressioni che suona come i raggi nel vento.
L’opera di Cordelli cambia, riflette su se stessa, si rielabora. Nato da articoli scritti in occasione del Giro dell’89, il testo diventa racconto, quasi romanzo, con il semplice di una prima persona che diventa terza e che parla, pienamente parla, non solo della corsa ma anche di altri testi scritti su questa epopea sportiva. C’è Carlo Levi, di cui, nelle tappe di Sicilia si ricorda che le lacrime diventan parole e le parole son pietre, ma è soprattutto il confronto ed il tributo a Buzzati che emerge, condividendo di quest’autore, non pochi spunti ed idee, come ad esempio la fatica del ciclismo (o dello scrivere) che è una delle forme della fatica di vivere in cui si perdono gli uomini, o la memoria dei campioni, dei vincenti, che spesso nasconde le fatiche degli eroi, di tutti quei gregari, che nel ciclismo come in tutte le cose umane, percorrono gli stessi chilometri degli altri, lanciano la volata del primo e poi scompaiono nella polvere che si alza dietro il vincitore.
Il romanzo del ciclismo diventa mille altri romanzi insieme: romanzo su Buzzati, figura sulla quale ed intorno alla quale ruotano i ricordi del narratore, romanzo sulla corsa e sulla scrittura (e sulla lettura; forti ed emblematiche le riflessioni sui classici italiani, da Dante ad Ariosto a Calvino che sembrano rappresentare in vario modo le caratteristiche delle tappe di una corsa), romanzo ancora sul paesaggio italiano, protagonista principale e quasi in dissolvenza a causa dell’edilizia divoratrice dello stesso, romanzo sul romanzo di viaggio, genere difficile oggi che non serve un reporter come Marco Polo o i grandi esploratori del ‘500 essendo possibile “vedere” in prima persona i luoghi che un tempo potevano solo essere immaginati, così che se non fosse per alcuni tratti ironici e stilisti di Cordelli e di pochi altri autori (Chatwin ed il suo viaggiare-vagabondare) tali testi non avrebbero alcun appeal sul lettore. Non importa che autori come Ceronetti regalino momenti di saggezza nei loro testi, non il nome dell’autore attrae più, ma il tema trattato.
L’uomo vuole oramai essere nel cuore del mondo, attraversarlo rapidamente, come se velocità ed intensità fossero un Uno, invece di sfiorarlo e di lasciarselo dietro come una scia di impressioni stracciata dallo pneumatico sottile sull’asfalto, sentire, senza aver bisogno di sentire dei tifosi ad accompagnarci, delle urla fugaci da cui farsi segnare e poi superare, come invece avverrebbe per il calcio, percepire la festa, un tratto di fatica condiviso tra gli atleti e i supporter, in un ricambio “del sacrificio al sacrificio” cui solo piccoli gruppi e non le masse si possono dedicare. Sul testo di Cordelli ci sarebbe da scrivere un testo parallelo tanto si intrecciano società e sport e letteratura e politica nelle sue pagine e tanto lui offre durante l’incontro, dalle riflessioni sulla società attuale agli autori da leggere a quella visione di “nuovo mondo che è già arrivato” a quella voce antica e lirica, aperta e buona, che si muove nel mondo tracciando nel viaggio una quasi impossibile ed arcadica geografia delle emozioni.
di Vittorio Musca

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